Quale altro vocabolo, più e meglio di “ vergogna”, riuscirebbe a rendere il sentimento che stanno suscitando i fatti di Rosarno? La televisione che passa in continuazione immagini di una città italiana, Rosarno, che brucia, i calabresi sparano agli immigrati e ne feriscono alcuni, gli extracomunitari mettono a ferro e fuoco il paese, danno l'assalto alle auto con donne e bambini, feriscono gli italiani. E quando fa buio ancora proseguono saccheggi, devastazioni, incendi di auto, distruzioni di cassonetti , italiani ( soprattutto forze dell’ordine) e stranieri feriti, la gente terrorizzata e in fuga che incita gli agenti a sparare contro gli stranieri: scene da guerriglia urbana e da guerra tra poveri.
Ma chi sono questi immigrati e perché sono presenti in così gran numero? Sono cinquemila circa gli immigrati di 23 diverse nazionalità su una popolazione di 16 mila abitanti che arrivano per lavorare la terra, per lo più raccogliere gli agrumi della piana di Gioia Tauro. Si stabiliscono in inverno, sono stagionali, poi si sposteranno a nord, direzione Puglia e Campania, per la raccolta dei pomodori. Qui vivono in condizioni disumane, accampati nelle fabbriche dismesse o mai completate (qui non mancano entrambe), buttati per terra senza nemmeno un materasso, con un bagno chimico fatiscente per duecento persone, assistiti solo da Libera, Caritas, Medici senza frontiere.
E devono sottostare al ricatto della 'ndrangheta, che in fondo c'entra sempre: li taglieggia come fa con i commercianti, li paga 20 euro per una giornata di lavoro e ne chiede indietro 5 come «tassa di soggiorno», altrimenti sono guai. In questo contesto, con migliaia di immigrati irregolari ricattati e incapaci di darsi condizioni di vita accettabili è inevitabile che prima o poi la bomba scoppi. Non si possono far vivere le persone come animali e pensare che non si ribellino: qui è in corso una vera emergenza sociale.Ma come è cominciata? Il ferimento di alcuni immigrati a colpi di carabina ad aria compressa in due differenti «spedizioni», organizzate nei pressi di due capannoni in cui vivono gli immigrati,probabilmente un atto punitivo, spiegano i testimoni, come reazione a un mancato pagamento, all'ennesimo sopruso o a un affronto non consentito è stata la scintilla che dato fuoco alle polveri da tanto, troppo , tempo accumulatesi e sottovalutate dal governo centrale.
In centocinquanta si muovono e raggiungono la statale 18 che porta a Gioia Tauro. Primo blocco stradale. Poi alcuni marciano verso il centro cittadino e comincia il dramma: sassaiole, saccheggio di negozi, di abitazioni danneggiate, cassonetti ribaltati e fuoco a centinaia di auto, anche con persone a bordo. Distruggono tutto quello che trovano davanti, dai vasi di fiori alle vetrine dei negozi. Poi bloccano ancora la statale dall'altra parte, così creando due fronti di guerriglia. Le auto vengono fermate e assaltate senza alcuna remora, nemmeno quando al volante c'è una donna che sta tornando a casa con due figli. Lei viene colpita in testa, costretta a scendere e ad assistere all'incendio rituale della sua vettura. Armati di spranghe e bastoni, gli africani invadono le strade della città.
Arrivano poliziotti e carabinieri, si schierano davanti ai più agguerriti, provano a tenerli sotto controllo come avevano fatto altre volte ma con scarsi risultati. Sono pochi, lanciano lacrimogeni. Chiedono rinforzi, ecco da Reggio Calabria gli agenti del reparto mobile in tenuta anti sommossa, nella tarda serata cercano di concordare una tregua, mentre la gente li invita a sparare sugli immigrati e un centinaio di rosarnesi si organizza in gruppo e segue l'evoluzione della trattativa a distanza, pronto a intervenire. Improvvisamente dal fronte della rivolta parte una sassaiola: è il momento della tensione massima, le forze dell'ordine usano la forza. Una carica disperde gli immigrati nel centro cittadino, sei di loro vengono fermati e altrettanti contusi vengono portati al pronto soccorso, mentre restano le barricate e il fuoco sulla statale. Una volta ripristinata la circolazione e calmati gli animi è poi è la volta dei Rosarnesi di formare barricate sulla statale per chiedere ed ottenere l’allontanamento coatto degli immigrati e lo smantellamento del primo dei campo profughi presenti sul posto.
Don Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, ha dichiarato che “ancora una volta e' emersa una forte carenza della presenza della realta' sociale a tutela dei diritti dei lavoratori. In quel territorio vige, ha osservato, una situazione di sfruttamento inaccettabile, con paghe irrisorie, una parte delle quali viene estorta da intermediari. La tutela dei lavoratori - afferma don Perego - e' un'esigenza fondamentale alla quale l'intera societa' italiana e in particolare le istituzioni debbono guardare con piu' attenzione” “Se qualcuno del governo centrale o della regione vedesse in che condizioni vivono, senza nulla, senza servizi, luce, acqua, alimenti o riscaldamento non si stupirebbe di quanto è accaduto» dice Don Pino de Masi, vicario generale della diocesi di Oppido-Palmi, che da anni si occupa di immigrazione e lotta alla ‘Ndrangheta «perché quello di cui dobbiamo renderci conto è che i due problemi non sono scissi in regioni ad alto rischio di illegalità come la nostra». Pur non giustificando «nessuna azione violenta, sbagliata di per sé, ma che temo frutto dell’esasperazione di molti immigrati», il vicario racconta delle vessazioni e lo sfruttamento a cui molti di loro sono sottoposti. «Capita spesso che dopo giornate intere di raccolta nei campi invece di versare loro la paga, i datori di lavoro minaccino di chiamare i carabinieri, costringendoli alla fuga perché privi di documenti regolari» aggiunge Don Pino, secondo cui «l’invisibilità a cui queste persone sono costrette li priva di ogni diritto, rendendoli vulnerabili e soli». In questo tempo di crisi, aggiungo io, se per un Italiano perdere il lavoro rappresenta il più delle volte la porta verso la povertà e la conseguente perdita della dignità, per un immigrato può voler dire essere condannato ad una morte solitaria e dolorosa.Vi lascio con un pensiero di Roberto Saviano che, commentando e riflettendo sulla rivolta di Rosarno così scrive: “ Mi piace sottolineare che gli africani vengono in Italia a fare lavori che gli italiani non vogliono più fare e a difendere diritti che gli italiani non vogliono più difendere.
Ma chi sono questi immigrati e perché sono presenti in così gran numero? Sono cinquemila circa gli immigrati di 23 diverse nazionalità su una popolazione di 16 mila abitanti che arrivano per lavorare la terra, per lo più raccogliere gli agrumi della piana di Gioia Tauro. Si stabiliscono in inverno, sono stagionali, poi si sposteranno a nord, direzione Puglia e Campania, per la raccolta dei pomodori. Qui vivono in condizioni disumane, accampati nelle fabbriche dismesse o mai completate (qui non mancano entrambe), buttati per terra senza nemmeno un materasso, con un bagno chimico fatiscente per duecento persone, assistiti solo da Libera, Caritas, Medici senza frontiere.
E devono sottostare al ricatto della 'ndrangheta, che in fondo c'entra sempre: li taglieggia come fa con i commercianti, li paga 20 euro per una giornata di lavoro e ne chiede indietro 5 come «tassa di soggiorno», altrimenti sono guai. In questo contesto, con migliaia di immigrati irregolari ricattati e incapaci di darsi condizioni di vita accettabili è inevitabile che prima o poi la bomba scoppi. Non si possono far vivere le persone come animali e pensare che non si ribellino: qui è in corso una vera emergenza sociale.Ma come è cominciata? Il ferimento di alcuni immigrati a colpi di carabina ad aria compressa in due differenti «spedizioni», organizzate nei pressi di due capannoni in cui vivono gli immigrati,probabilmente un atto punitivo, spiegano i testimoni, come reazione a un mancato pagamento, all'ennesimo sopruso o a un affronto non consentito è stata la scintilla che dato fuoco alle polveri da tanto, troppo , tempo accumulatesi e sottovalutate dal governo centrale.
In centocinquanta si muovono e raggiungono la statale 18 che porta a Gioia Tauro. Primo blocco stradale. Poi alcuni marciano verso il centro cittadino e comincia il dramma: sassaiole, saccheggio di negozi, di abitazioni danneggiate, cassonetti ribaltati e fuoco a centinaia di auto, anche con persone a bordo. Distruggono tutto quello che trovano davanti, dai vasi di fiori alle vetrine dei negozi. Poi bloccano ancora la statale dall'altra parte, così creando due fronti di guerriglia. Le auto vengono fermate e assaltate senza alcuna remora, nemmeno quando al volante c'è una donna che sta tornando a casa con due figli. Lei viene colpita in testa, costretta a scendere e ad assistere all'incendio rituale della sua vettura. Armati di spranghe e bastoni, gli africani invadono le strade della città.
Arrivano poliziotti e carabinieri, si schierano davanti ai più agguerriti, provano a tenerli sotto controllo come avevano fatto altre volte ma con scarsi risultati. Sono pochi, lanciano lacrimogeni. Chiedono rinforzi, ecco da Reggio Calabria gli agenti del reparto mobile in tenuta anti sommossa, nella tarda serata cercano di concordare una tregua, mentre la gente li invita a sparare sugli immigrati e un centinaio di rosarnesi si organizza in gruppo e segue l'evoluzione della trattativa a distanza, pronto a intervenire. Improvvisamente dal fronte della rivolta parte una sassaiola: è il momento della tensione massima, le forze dell'ordine usano la forza. Una carica disperde gli immigrati nel centro cittadino, sei di loro vengono fermati e altrettanti contusi vengono portati al pronto soccorso, mentre restano le barricate e il fuoco sulla statale. Una volta ripristinata la circolazione e calmati gli animi è poi è la volta dei Rosarnesi di formare barricate sulla statale per chiedere ed ottenere l’allontanamento coatto degli immigrati e lo smantellamento del primo dei campo profughi presenti sul posto.
Don Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, ha dichiarato che “ancora una volta e' emersa una forte carenza della presenza della realta' sociale a tutela dei diritti dei lavoratori. In quel territorio vige, ha osservato, una situazione di sfruttamento inaccettabile, con paghe irrisorie, una parte delle quali viene estorta da intermediari. La tutela dei lavoratori - afferma don Perego - e' un'esigenza fondamentale alla quale l'intera societa' italiana e in particolare le istituzioni debbono guardare con piu' attenzione” “Se qualcuno del governo centrale o della regione vedesse in che condizioni vivono, senza nulla, senza servizi, luce, acqua, alimenti o riscaldamento non si stupirebbe di quanto è accaduto» dice Don Pino de Masi, vicario generale della diocesi di Oppido-Palmi, che da anni si occupa di immigrazione e lotta alla ‘Ndrangheta «perché quello di cui dobbiamo renderci conto è che i due problemi non sono scissi in regioni ad alto rischio di illegalità come la nostra». Pur non giustificando «nessuna azione violenta, sbagliata di per sé, ma che temo frutto dell’esasperazione di molti immigrati», il vicario racconta delle vessazioni e lo sfruttamento a cui molti di loro sono sottoposti. «Capita spesso che dopo giornate intere di raccolta nei campi invece di versare loro la paga, i datori di lavoro minaccino di chiamare i carabinieri, costringendoli alla fuga perché privi di documenti regolari» aggiunge Don Pino, secondo cui «l’invisibilità a cui queste persone sono costrette li priva di ogni diritto, rendendoli vulnerabili e soli». In questo tempo di crisi, aggiungo io, se per un Italiano perdere il lavoro rappresenta il più delle volte la porta verso la povertà e la conseguente perdita della dignità, per un immigrato può voler dire essere condannato ad una morte solitaria e dolorosa.Vi lascio con un pensiero di Roberto Saviano che, commentando e riflettendo sulla rivolta di Rosarno così scrive: “ Mi piace sottolineare che gli africani vengono in Italia a fare lavori che gli italiani non vogliono più fare e a difendere diritti che gli italiani non vogliono più difendere.
Quale altro vocabolo, più e meglio di “ vergogna”, riuscirebbe a rendere il sentimento che stanno suscitando i fatti di Rosarno? La televisione che passa in continuazione immagini di una città italiana, Rosarno, che brucia, i calabresi sparano agli immigrati e ne feriscono alcuni, gli extracomunitari mettono a ferro e fuoco il paese, danno l'assalto alle auto con donne e bambini, feriscono gli italiani. E quando fa buio ancora proseguono saccheggi, devastazioni, incendi di auto, distruzioni di cassonetti , italiani ( soprattutto forze dell’ordine) e stranieri feriti, la gente terrorizzata e in fuga che incita gli agenti a sparare contro gli stranieri: scene da guerriglia urbana e da guerra tra poveri.
Ma chi sono questi immigrati e perché sono presenti in così gran numero? Sono cinquemila circa gli immigrati di 23 diverse nazionalità su una popolazione di 16 mila abitanti che arrivano per lavorare la terra, per lo più raccogliere gli agrumi della piana di Gioia Tauro. Si stabiliscono in inverno, sono stagionali, poi si sposteranno a nord, direzione Puglia e Campania, per la raccolta dei pomodori. Qui vivono in condizioni disumane, accampati nelle fabbriche dismesse o mai completate (qui non mancano entrambe), buttati per terra senza nemmeno un materasso, con un bagno chimico fatiscente per duecento persone, assistiti solo da Libera, Caritas, Medici senza frontiere.
E devono sottostare al ricatto della 'ndrangheta, che in fondo c'entra sempre: li taglieggia come fa con i commercianti, li paga 20 euro per una giornata di lavoro e ne chiede indietro 5 come «tassa di soggiorno», altrimenti sono guai. In questo contesto, con migliaia di immigrati irregolari ricattati e incapaci di darsi condizioni di vita accettabili è inevitabile che prima o poi la bomba scoppi. Non si possono far vivere le persone come animali e pensare che non si ribellino: qui è in corso una vera emergenza sociale.Ma come è cominciata? Il ferimento di alcuni immigrati a colpi di carabina ad aria compressa in due differenti «spedizioni», organizzate nei pressi di due capannoni in cui vivono gli immigrati,probabilmente un atto punitivo, spiegano i testimoni, come reazione a un mancato pagamento, all'ennesimo sopruso o a un affronto non consentito è stata la scintilla che dato fuoco alle polveri da tanto, troppo , tempo accumulatesi e sottovalutate dal governo centrale.
In centocinquanta si muovono e raggiungono la statale 18 che porta a Gioia Tauro. Primo blocco stradale. Poi alcuni marciano verso il centro cittadino e comincia il dramma: sassaiole, saccheggio di negozi, di abitazioni danneggiate, cassonetti ribaltati e fuoco a centinaia di auto, anche con persone a bordo. Distruggono tutto quello che trovano davanti, dai vasi di fiori alle vetrine dei negozi. Poi bloccano ancora la statale dall'altra parte, così creando due fronti di guerriglia. Le auto vengono fermate e assaltate senza alcuna remora, nemmeno quando al volante c'è una donna che sta tornando a casa con due figli. Lei viene colpita in testa, costretta a scendere e ad assistere all'incendio rituale della sua vettura. Armati di spranghe e bastoni, gli africani invadono le strade della città.
Arrivano poliziotti e carabinieri, si schierano davanti ai più agguerriti, provano a tenerli sotto controllo come avevano fatto altre volte ma con scarsi risultati. Sono pochi, lanciano lacrimogeni. Chiedono rinforzi, ecco da Reggio Calabria gli agenti del reparto mobile in tenuta anti sommossa, nella tarda serata cercano di concordare una tregua, mentre la gente li invita a sparare sugli immigrati e un centinaio di rosarnesi si organizza in gruppo e segue l'evoluzione della trattativa a distanza, pronto a intervenire. Improvvisamente dal fronte della rivolta parte una sassaiola: è il momento della tensione massima, le forze dell'ordine usano la forza. Una carica disperde gli immigrati nel centro cittadino, sei di loro vengono fermati e altrettanti contusi vengono portati al pronto soccorso, mentre restano le barricate e il fuoco sulla statale. Una volta ripristinata la circolazione e calmati gli animi è poi è la volta dei Rosarnesi di formare barricate sulla statale per chiedere ed ottenere l’allontanamento coatto degli immigrati e lo smantellamento del primo dei campo profughi presenti sul posto.
Don Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, ha dichiarato che “ancora una volta e' emersa una forte carenza della presenza della realta' sociale a tutela dei diritti dei lavoratori. In quel territorio vige, ha osservato, una situazione di sfruttamento inaccettabile, con paghe irrisorie, una parte delle quali viene estorta da intermediari. La tutela dei lavoratori - afferma don Perego - e' un'esigenza fondamentale alla quale l'intera societa' italiana e in particolare le istituzioni debbono guardare con piu' attenzione” “Se qualcuno del governo centrale o della regione vedesse in che condizioni vivono, senza nulla, senza servizi, luce, acqua, alimenti o riscaldamento non si stupirebbe di quanto è accaduto» dice Don Pino de Masi, vicario generale della diocesi di Oppido-Palmi, che da anni si occupa di immigrazione e lotta alla ‘Ndrangheta «perché quello di cui dobbiamo renderci conto è che i due problemi non sono scissi in regioni ad alto rischio di illegalità come la nostra». Pur non giustificando «nessuna azione violenta, sbagliata di per sé, ma che temo frutto dell’esasperazione di molti immigrati», il vicario racconta delle vessazioni e lo sfruttamento a cui molti di loro sono sottoposti. «Capita spesso che dopo giornate intere di raccolta nei campi invece di versare loro la paga, i datori di lavoro minaccino di chiamare i carabinieri, costringendoli alla fuga perché privi di documenti regolari» aggiunge Don Pino, secondo cui «l’invisibilità a cui queste persone sono costrette li priva di ogni diritto, rendendoli vulnerabili e soli». In questo tempo di crisi, aggiungo io, se per un Italiano perdere il lavoro rappresenta il più delle volte la porta verso la povertà e la conseguente perdita della dignità, per un immigrato può voler dire essere condannato ad una morte solitaria e dolorosa.Vi lascio con un pensiero di Roberto Saviano che, commentando e riflettendo sulla rivolta di Rosarno così scrive: “ Mi piace sottolineare che gli africani vengono in Italia a fare lavori che gli italiani non vogliono più fare e a difendere diritti che gli italiani non vogliono più difendere.
Ma chi sono questi immigrati e perché sono presenti in così gran numero? Sono cinquemila circa gli immigrati di 23 diverse nazionalità su una popolazione di 16 mila abitanti che arrivano per lavorare la terra, per lo più raccogliere gli agrumi della piana di Gioia Tauro. Si stabiliscono in inverno, sono stagionali, poi si sposteranno a nord, direzione Puglia e Campania, per la raccolta dei pomodori. Qui vivono in condizioni disumane, accampati nelle fabbriche dismesse o mai completate (qui non mancano entrambe), buttati per terra senza nemmeno un materasso, con un bagno chimico fatiscente per duecento persone, assistiti solo da Libera, Caritas, Medici senza frontiere.
E devono sottostare al ricatto della 'ndrangheta, che in fondo c'entra sempre: li taglieggia come fa con i commercianti, li paga 20 euro per una giornata di lavoro e ne chiede indietro 5 come «tassa di soggiorno», altrimenti sono guai. In questo contesto, con migliaia di immigrati irregolari ricattati e incapaci di darsi condizioni di vita accettabili è inevitabile che prima o poi la bomba scoppi. Non si possono far vivere le persone come animali e pensare che non si ribellino: qui è in corso una vera emergenza sociale.Ma come è cominciata? Il ferimento di alcuni immigrati a colpi di carabina ad aria compressa in due differenti «spedizioni», organizzate nei pressi di due capannoni in cui vivono gli immigrati,probabilmente un atto punitivo, spiegano i testimoni, come reazione a un mancato pagamento, all'ennesimo sopruso o a un affronto non consentito è stata la scintilla che dato fuoco alle polveri da tanto, troppo , tempo accumulatesi e sottovalutate dal governo centrale.
In centocinquanta si muovono e raggiungono la statale 18 che porta a Gioia Tauro. Primo blocco stradale. Poi alcuni marciano verso il centro cittadino e comincia il dramma: sassaiole, saccheggio di negozi, di abitazioni danneggiate, cassonetti ribaltati e fuoco a centinaia di auto, anche con persone a bordo. Distruggono tutto quello che trovano davanti, dai vasi di fiori alle vetrine dei negozi. Poi bloccano ancora la statale dall'altra parte, così creando due fronti di guerriglia. Le auto vengono fermate e assaltate senza alcuna remora, nemmeno quando al volante c'è una donna che sta tornando a casa con due figli. Lei viene colpita in testa, costretta a scendere e ad assistere all'incendio rituale della sua vettura. Armati di spranghe e bastoni, gli africani invadono le strade della città.
Arrivano poliziotti e carabinieri, si schierano davanti ai più agguerriti, provano a tenerli sotto controllo come avevano fatto altre volte ma con scarsi risultati. Sono pochi, lanciano lacrimogeni. Chiedono rinforzi, ecco da Reggio Calabria gli agenti del reparto mobile in tenuta anti sommossa, nella tarda serata cercano di concordare una tregua, mentre la gente li invita a sparare sugli immigrati e un centinaio di rosarnesi si organizza in gruppo e segue l'evoluzione della trattativa a distanza, pronto a intervenire. Improvvisamente dal fronte della rivolta parte una sassaiola: è il momento della tensione massima, le forze dell'ordine usano la forza. Una carica disperde gli immigrati nel centro cittadino, sei di loro vengono fermati e altrettanti contusi vengono portati al pronto soccorso, mentre restano le barricate e il fuoco sulla statale. Una volta ripristinata la circolazione e calmati gli animi è poi è la volta dei Rosarnesi di formare barricate sulla statale per chiedere ed ottenere l’allontanamento coatto degli immigrati e lo smantellamento del primo dei campo profughi presenti sul posto.
Don Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, ha dichiarato che “ancora una volta e' emersa una forte carenza della presenza della realta' sociale a tutela dei diritti dei lavoratori. In quel territorio vige, ha osservato, una situazione di sfruttamento inaccettabile, con paghe irrisorie, una parte delle quali viene estorta da intermediari. La tutela dei lavoratori - afferma don Perego - e' un'esigenza fondamentale alla quale l'intera societa' italiana e in particolare le istituzioni debbono guardare con piu' attenzione” “Se qualcuno del governo centrale o della regione vedesse in che condizioni vivono, senza nulla, senza servizi, luce, acqua, alimenti o riscaldamento non si stupirebbe di quanto è accaduto» dice Don Pino de Masi, vicario generale della diocesi di Oppido-Palmi, che da anni si occupa di immigrazione e lotta alla ‘Ndrangheta «perché quello di cui dobbiamo renderci conto è che i due problemi non sono scissi in regioni ad alto rischio di illegalità come la nostra». Pur non giustificando «nessuna azione violenta, sbagliata di per sé, ma che temo frutto dell’esasperazione di molti immigrati», il vicario racconta delle vessazioni e lo sfruttamento a cui molti di loro sono sottoposti. «Capita spesso che dopo giornate intere di raccolta nei campi invece di versare loro la paga, i datori di lavoro minaccino di chiamare i carabinieri, costringendoli alla fuga perché privi di documenti regolari» aggiunge Don Pino, secondo cui «l’invisibilità a cui queste persone sono costrette li priva di ogni diritto, rendendoli vulnerabili e soli». In questo tempo di crisi, aggiungo io, se per un Italiano perdere il lavoro rappresenta il più delle volte la porta verso la povertà e la conseguente perdita della dignità, per un immigrato può voler dire essere condannato ad una morte solitaria e dolorosa.Vi lascio con un pensiero di Roberto Saviano che, commentando e riflettendo sulla rivolta di Rosarno così scrive: “ Mi piace sottolineare che gli africani vengono in Italia a fare lavori che gli italiani non vogliono più fare e a difendere diritti che gli italiani non vogliono più difendere.
8 Comments:
" Di sicuro, nella vicenda di Rosarno, c'è lo sfruttamento degli immigrati per il lavoro nei campi. «A gennaio dello scorso anno - spiega Creazzo - è stata sequestrata un'azienda ortofrutticola e sono stati arrestati i proprietari e un caporale, di nazionalità tunisina, che reclutava gli immigrati. In passato altre inchieste hanno accertato lo sfruttamento della manodopera. Quanto poi questo fenomeno possa essere gestito dalle cosche è da stabilire»."
queste sono le parole del procuratore di palmi.
ma fino ad oggi nessuno ha visto o hatto niente?
tutti a guardare?
costa bisogna stabilire, se non il fatto che questi immigrati sono sfruttati, con o senza la legge di berlusconi sull'immigrazione.
sempre a dare la colpa a questi fatti gravissimi, prima la immigrazione clandestina, poi lo sfruttamento e poi la aggressione, alle leggi fatte dal centro destra.
caro pungiglione la immigrazione clandestina esiste da anni nella nostra provincia, con decine e decine di documentari andati in onda su tutte le televisioni nazionali, e noi siamo ancora oggi a indignarci di quel che succede a rosarno e a dire che la colpa e' delle leggi del governo berlusconi.
vergogniamoci piuttosto di esser italiani, molte volte ciechi davanti ad episodi di sfruttamento.
caro pungiglione ti sei domandato quanti siano gli immigrati, nella nostra provincia, anche clandestini, sfruttati e malpagati, prima nella raccolta dei pomodori, poi nel tabacco ed infine nell'edilizia e negli allevamenti del casertano?
tantissimi!!
e noi? a guardare e a dire che la colpa e' delle minacce delle cosche agli immigrati clandestini, minacce di chiamare i carabinieri e farli arrestare?
mma!!!
saluti
mario
Italia, vergognati!!!
Non è Rosarno a doversi vergognare,è l'assenza totale di uno Stato,del Governo,delle Regioni e le ammesse amministrazioni:tutti pronti a promettere solidarieta',collaborazione,accoglienza e poi.....più di tremila clandestini accolti e sfruttati,immigrati che per la legge sono inesistenti,costretti a vivere nel degrado più totale, in un una fabbrica dismessa,senza acqua e servizi igienici,a dormire ricoperti di cartoni,costretti a lavorare sottopagati e pagando il pizzo!
Gente che lavora anche 14 ore e che non può fare a meno di quei soldi che tanto faticosamente si sono guadagnati e che qualcuno dietro minaccia di denuncia spesso non glieli dà nemmeno.
La vergogna è di coloro che parlano e promettono una vita migliore,da quella da cui sono costretti a fuggire,di coloro che non sono in grado di offrire un lavoro e una vita decorosa agli stessi concittadini ma che pur di vantarsi nei loro discorsi parlano,promettono,fanno credere e sperare in una realtà italiana,in un benessere economico che esiste solo nei loro portafogli!!!
Ho trovato questo commento in un altro sito e mi è piaciuto molto,ve lo riporto per sapere cosa me pensate:.....
"Pretendiamo di essere un Paese di immigrati, quando non siamo in grado di assicurare nemmmeno ai nostri cittadini un reddito minimo di pura sopravvivenza. Un'imprenditoria straccione, spesso mafiosa, si serve di questri poveri cristi senza assicurargli nulla sul piano delle più elementari risorse di sopravvivenza. Ad una sinistra ploitica e sindacale rintanata su se stessa e sulle proprie ultime corporazioni di potere clientelare, si contrapppone una destra di governo delle più retrive e becere, che nei paesi civili, il potere non lo avrebbero neppure annusato. Personalmente non vedo nessuna via d'uscita a questa situazione oscura e barbara. Mi appellerei all'intervento dell'esercito, cioè di una dittatura temporanea capace di riformare in pochi mesi il paese, con un semplice copia e incolla di sistemi europei più civili ed efficienti, ma immagino che anche in questo ambito la musica non cambi."
brava mascia
un commento ad hoc.
se il governo non fa o fa' male
la sinistra sta' li' a guardare e a puntare il dito.
saluti
mario
Questo commento mi è piaciuto di più : "Da convinto sostenitore della coalizione di centrodestra sento il dovere di gridare il mio “basta”! Si torni ad essere responsabili se non si vuole lasciare in eredità a questo paese una popolazione di persone rabbiose. Gli esponenti leghisti spieghino ai cittadini che la maggior parte dei musulmani non sono terroristi, che la maggior parte dei rumeni non sono ladri, che la maggior parte degli ebrei sono cittadini italiani da secoli(se non da millenni) e che la maggior parte dei gay sono brave persone. I deputati ed i senatori leghisti spieghino alle frange ignoranti del loro elettorato che la mancanza di giustizia o di certezza della pena è dovuta principalmente al deficit di certezza del diritto.
Spesso, quando si mettono a confronto la realtà nostrana con quella di alcuni paesi musulmani si usa dire “prova a farlo nel loro paese e vedi cosa ti fanno”. Dal punto di vista normativo non siamo sicuramente a quel livello, ma politicamente a me pare che si vada sempre più affermando un’intolleranza paragonabile a quella del “loro paese”.
Dalle colonne di Libertiamo.it, chiedo ai miei amici ebrei e a quelli africani di non odiare l’Italia sull’onda dello sdegno suscitato dalle parole di questo pezzo “schifoso” d’Italia. Invito i miei amici musulmani a lavorare insieme a forme di integrazione e migliore convivenza, lasciando fuori dal dibattito italiano le questioni di politica estera. Ai miei amici italiani chiedo invece di esprimere la loro indignazione di fronte ad affermazioni di questo tipo "Italia agli italiani fuori ebrei ed africani". Infine, alla politica chiedo maggiore responsabilità di quella mostrata fino ad ora: il Parlamento ed il Governo lavorino sulla certezza del diritto più che sull’incertezza del cittadino italiano e di quello immigrato.
Ovviamente, l’impegno politico per l’integrazione e l’accoglienza di chi vuol vivere in Italia nel rispetto della legge e dei valori costituzionali cammina di pari passo con la necessaria intransigenza nei confronti del fondamentalismo, che quegli stessi valori costituzionali considera come carta straccia e che, da laico, considero la base della convivenza tra cittadini di diverse fedi religiose. E quindi, mi piacerebbe chiedere sia agli alleati leghisti che agli “islamici d’Italia”: siete disponibili a firmare congiuntamente la Costituzione della Repubblica Italiana?
Quando noi saremo quelli che dovranno fare le valigie per andarcene forzatamente da questo paese dfove i nostri avi hanno vissuto perchè vittime della nostra impotenza di fronte a questa invasione senza regole, allora malediremo tutto quanto avremmo potuto fare e non abbiamo fatto,chi avrà allora compassione di noi? la sinistra ipocrita e itopistica? no! allora anche loro rimpiangeranno il loro comportamento, quando si ritroveranno impotenti di fronte al disastro che loro avranno vreato con il loro falso noralismo teso solo ad ottenere una immagine immacolata, ma a quael pinto sarà troppo tardi.
Regolamentare vuol dire civiltà non disumanità come loro! ci vogliono far credere.
Comincia ad andartene tu! Non vogliamo più gente razzista e xenofoba come te!
per l'anonimo delle 19:35.
buongiorno
guarda che la anonimo delle 12:35 ha dette dellle cose importanti che non sono ne razzismo e ne xenofobia.
ci vuole regolamentazione dei flussi, certezza per le condizioni di vita di questi immigrati nel nostro paese.
e' inutile dire noi non siamo razzisti, non siamo xenofobi, noi siamo per gli altri.
a parole forse si ma a fatti?
vi siete domandati come e' che che in italia ci sono tanti immigrati clandestini, al contrario di tanti altri stati che si affacciano sul mediterraneo?
ve lo dico io in spagna, in francia, in germania, tanto per citarne alcuni di stati, gia' esistono leggi e pene severe per la immigrazione clandestina, e gli immigrati in questi paesi, certamente non vengono certamente accolti con mazzi di fiori, anzi.
questo succede anche in spagna, il paese che negli ultimi anni e' stato preso come esempio di civilta politica da una parte della politica italiana, MOLTO IPOCRITA.
il mio pensiero e' molto chiaro, ci vogliono regole chiare e precise per l'ingresso degli immigrati in italia.
i clandestini, che si voglia o no, vanno a finire in mano alla delinquenza comune.
infatti la maggioranza degli arrestati per reati di prostituzione, droga, estorsione ed omicidi, sono clandestini e stranieri.
quelli che vengono in italia debbono avere la certezza di un posto dove dormire, dove vivere e dove lavorare.
CARI SIGNORI QUESTO ESISTE IN ITALIA?
O SAPPIAMO SOLO PUNTARE IL DITO E DIRE QUALCOSA, SOLO PERCHE' E CONTRO IL GOVERNO BERLUSCONI.
LASCIATE STARE IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E PENSATE ALLE REGOLE PER L'IMMIGRAZIONE
POI QUANDO AVETE RAGIONATO E DETTO QUALCOSA DI UTILE PARLIAMO.
spero di essere stato chiaro.
saluti
mario
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