Obama e la storia: un nano od un gigante?
Il Presidente americano sembra determinato a porre il veto Usa in Consiglio di Sicurezza dell'Onu circa il riconoscimento della Palestina quale stato sovrano ed il suo ingresso come stato membro.
Se lo farà, perderà quel poco di credibilità che ha guadagnato in Medio Oriente dal discorso del Cairo ad oggi. E con essa, anche la speranza di disinnescare pacificamente la bomba iraniana. D'altro canto, votare sì significherebbe bruciarsi l'elettorato ebraico(e le loro sovvenzioni) alle prossime elezioni in patria, su cui già deve contare al centesimo il margine di vantaggio sui repubblicani. Eppure sarebbe l'unica scelta lungimirante per l'America. Il veto può fermare il voto in Consiglio di Sicurezza, ma non in Assemblea, dove vige la maggioranza semplice: qui passerà probabilmente la mozione di adesione della Palestina come "Stato osservatore non membro", sull'esempio del Vaticano, proposta dal francese Sarkozy. Con questa mossa, ancorché priva di valore giuridico dato che un eventuale voto dell'Assemblea non sarebbe vincolante, l’Autorità palestinese ha ritenuto di forzare la mano per ottenere un “parere morale” della stessa Assemblea a fronte della quale un eventuale, quanto probabile, opposizione del Consiglio di sicurezza sconterebbe il biasimo e l’onta dell’intera comunità internazionale.
In ogni caso, il riconoscimento di Stato osservatore implicherebbe il riconoscimento dei confini (anche quelli del 1967, mai accettati da Israele) e l'ingresso di membri palestinesi alla Corte Penale Internazionale.
Chi potrebbe loro impedire loro di denunciare Tel Aviv per gli sfollamenti della popolazione nei territori occupati dalle colonie? Se Washington viene scavalcato, il Consiglio di sicurezza perderà forza.
E l'Europa? Non pervenuta. I singoli paesi si muovono autonomamente, puntando a consolidare il consenso interno sul tema palestinese. Da un sondaggio di Avaaz , britannici, francesi e tedeschi sono per l'ingresso, con buona pace dell'Alleanza Atlantica. Manchiamo solo noi, ma non è una novità: il tema mediorientale ci tocca solo per sentito dire, non avendo adottato negli ultimi 15 anni una linea politica al riguardo. Si va a vento, forse alla deriva.
E allora: il presidente americano passerà allo storia per aver fondato un nuovo mondo di pace, favorendo ed imponendo ad Israele il riconoscimento dello Stato di Israele ( la politica di 2 popoli e due Stati e quella della terra in cambio della pace e della sicurezza) o per quello, miope, che ha badato all'interesse di bottega, fregandosene delle sofferenze di 2 popoli?
Il Presidente americano sembra determinato a porre il veto Usa in Consiglio di Sicurezza dell'Onu circa il riconoscimento della Palestina quale stato sovrano ed il suo ingresso come stato membro.
Se lo farà, perderà quel poco di credibilità che ha guadagnato in Medio Oriente dal discorso del Cairo ad oggi. E con essa, anche la speranza di disinnescare pacificamente la bomba iraniana. D'altro canto, votare sì significherebbe bruciarsi l'elettorato ebraico(e le loro sovvenzioni) alle prossime elezioni in patria, su cui già deve contare al centesimo il margine di vantaggio sui repubblicani. Eppure sarebbe l'unica scelta lungimirante per l'America. Il veto può fermare il voto in Consiglio di Sicurezza, ma non in Assemblea, dove vige la maggioranza semplice: qui passerà probabilmente la mozione di adesione della Palestina come "Stato osservatore non membro", sull'esempio del Vaticano, proposta dal francese Sarkozy. Con questa mossa, ancorché priva di valore giuridico dato che un eventuale voto dell'Assemblea non sarebbe vincolante, l’Autorità palestinese ha ritenuto di forzare la mano per ottenere un “parere morale” della stessa Assemblea a fronte della quale un eventuale, quanto probabile, opposizione del Consiglio di sicurezza sconterebbe il biasimo e l’onta dell’intera comunità internazionale.
In ogni caso, il riconoscimento di Stato osservatore implicherebbe il riconoscimento dei confini (anche quelli del 1967, mai accettati da Israele) e l'ingresso di membri palestinesi alla Corte Penale Internazionale.
Chi potrebbe loro impedire loro di denunciare Tel Aviv per gli sfollamenti della popolazione nei territori occupati dalle colonie? Se Washington viene scavalcato, il Consiglio di sicurezza perderà forza.
E l'Europa? Non pervenuta. I singoli paesi si muovono autonomamente, puntando a consolidare il consenso interno sul tema palestinese. Da un sondaggio di Avaaz , britannici, francesi e tedeschi sono per l'ingresso, con buona pace dell'Alleanza Atlantica. Manchiamo solo noi, ma non è una novità: il tema mediorientale ci tocca solo per sentito dire, non avendo adottato negli ultimi 15 anni una linea politica al riguardo. Si va a vento, forse alla deriva.
E allora: il presidente americano passerà allo storia per aver fondato un nuovo mondo di pace, favorendo ed imponendo ad Israele il riconoscimento dello Stato di Israele ( la politica di 2 popoli e due Stati e quella della terra in cambio della pace e della sicurezza) o per quello, miope, che ha badato all'interesse di bottega, fregandosene delle sofferenze di 2 popoli?
Obama e la storia: un nano od un gigante?
Il Presidente americano sembra determinato a porre il veto Usa in Consiglio di Sicurezza dell'Onu circa il riconoscimento della Palestina quale stato sovrano ed il suo ingresso come stato membro.
Se lo farà, perderà quel poco di credibilità che ha guadagnato in Medio Oriente dal discorso del Cairo ad oggi. E con essa, anche la speranza di disinnescare pacificamente la bomba iraniana. D'altro canto, votare sì significherebbe bruciarsi l'elettorato ebraico(e le loro sovvenzioni) alle prossime elezioni in patria, su cui già deve contare al centesimo il margine di vantaggio sui repubblicani. Eppure sarebbe l'unica scelta lungimirante per l'America. Il veto può fermare il voto in Consiglio di Sicurezza, ma non in Assemblea, dove vige la maggioranza semplice: qui passerà probabilmente la mozione di adesione della Palestina come "Stato osservatore non membro", sull'esempio del Vaticano, proposta dal francese Sarkozy. Con questa mossa, ancorché priva di valore giuridico dato che un eventuale voto dell'Assemblea non sarebbe vincolante, l’Autorità palestinese ha ritenuto di forzare la mano per ottenere un “parere morale” della stessa Assemblea a fronte della quale un eventuale, quanto probabile, opposizione del Consiglio di sicurezza sconterebbe il biasimo e l’onta dell’intera comunità internazionale.
In ogni caso, il riconoscimento di Stato osservatore implicherebbe il riconoscimento dei confini (anche quelli del 1967, mai accettati da Israele) e l'ingresso di membri palestinesi alla Corte Penale Internazionale.
Chi potrebbe loro impedire loro di denunciare Tel Aviv per gli sfollamenti della popolazione nei territori occupati dalle colonie? Se Washington viene scavalcato, il Consiglio di sicurezza perderà forza.
E l'Europa? Non pervenuta. I singoli paesi si muovono autonomamente, puntando a consolidare il consenso interno sul tema palestinese. Da un sondaggio di Avaaz , britannici, francesi e tedeschi sono per l'ingresso, con buona pace dell'Alleanza Atlantica. Manchiamo solo noi, ma non è una novità: il tema mediorientale ci tocca solo per sentito dire, non avendo adottato negli ultimi 15 anni una linea politica al riguardo. Si va a vento, forse alla deriva.
E allora: il presidente americano passerà allo storia per aver fondato un nuovo mondo di pace, favorendo ed imponendo ad Israele il riconoscimento dello Stato di Israele ( la politica di 2 popoli e due Stati e quella della terra in cambio della pace e della sicurezza) o per quello, miope, che ha badato all'interesse di bottega, fregandosene delle sofferenze di 2 popoli?
Il Presidente americano sembra determinato a porre il veto Usa in Consiglio di Sicurezza dell'Onu circa il riconoscimento della Palestina quale stato sovrano ed il suo ingresso come stato membro.
Se lo farà, perderà quel poco di credibilità che ha guadagnato in Medio Oriente dal discorso del Cairo ad oggi. E con essa, anche la speranza di disinnescare pacificamente la bomba iraniana. D'altro canto, votare sì significherebbe bruciarsi l'elettorato ebraico(e le loro sovvenzioni) alle prossime elezioni in patria, su cui già deve contare al centesimo il margine di vantaggio sui repubblicani. Eppure sarebbe l'unica scelta lungimirante per l'America. Il veto può fermare il voto in Consiglio di Sicurezza, ma non in Assemblea, dove vige la maggioranza semplice: qui passerà probabilmente la mozione di adesione della Palestina come "Stato osservatore non membro", sull'esempio del Vaticano, proposta dal francese Sarkozy. Con questa mossa, ancorché priva di valore giuridico dato che un eventuale voto dell'Assemblea non sarebbe vincolante, l’Autorità palestinese ha ritenuto di forzare la mano per ottenere un “parere morale” della stessa Assemblea a fronte della quale un eventuale, quanto probabile, opposizione del Consiglio di sicurezza sconterebbe il biasimo e l’onta dell’intera comunità internazionale.
In ogni caso, il riconoscimento di Stato osservatore implicherebbe il riconoscimento dei confini (anche quelli del 1967, mai accettati da Israele) e l'ingresso di membri palestinesi alla Corte Penale Internazionale.
Chi potrebbe loro impedire loro di denunciare Tel Aviv per gli sfollamenti della popolazione nei territori occupati dalle colonie? Se Washington viene scavalcato, il Consiglio di sicurezza perderà forza.
E l'Europa? Non pervenuta. I singoli paesi si muovono autonomamente, puntando a consolidare il consenso interno sul tema palestinese. Da un sondaggio di Avaaz , britannici, francesi e tedeschi sono per l'ingresso, con buona pace dell'Alleanza Atlantica. Manchiamo solo noi, ma non è una novità: il tema mediorientale ci tocca solo per sentito dire, non avendo adottato negli ultimi 15 anni una linea politica al riguardo. Si va a vento, forse alla deriva.
E allora: il presidente americano passerà allo storia per aver fondato un nuovo mondo di pace, favorendo ed imponendo ad Israele il riconoscimento dello Stato di Israele ( la politica di 2 popoli e due Stati e quella della terra in cambio della pace e della sicurezza) o per quello, miope, che ha badato all'interesse di bottega, fregandosene delle sofferenze di 2 popoli?
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