Cartelle esattoriali equivalenti ad un cappio alla gola dei contribuenti, tanto da indurli al suicidio: ma stanno veramente così le cose?
Il gran parlare che si sta facendo in questi giorni a causa dei suicidi dovuti alla crisi impone delle riflessioni accurate.
Anzitutto vanno distinte le morti provocate direttamente dalla crisi nei confronti delle quali esprimo il più profondo cordoglio e rincrescimento, perché non v'è nulla di più triste e desolante che morire per mancanza di un diritto ( quello ad un lavoro), da quelle determinatesi, stando a quel che ci raccontano stampa e tv, per effetto di cartelle esattoriali dell' equitalia.
Ma, mi sono chiesto, a cosa attengono di preciso queste maledette cartelle? A tasse evase, a tasse non pagate, a soldi, cioè,che l'evasore non ha versato, pur avendone l'obbligo, e che ha tenuto per sé ed i suoi familiari. Bisogna, mi sono domandato a nome ci chi le tasse le paga, avere compassione di questa gente? Essi sono stati compassionevoli nel momento in cui, consapevolmente o no, hanno determinato, che so, la chiusura di un reparto ospedaliero o la mancata fruizione dell'asilo nido piuttosto che la fruizione di trasporto pubblico agevolato per cittadini meno fortunati di loro?
Si abbia il coraggio di dire, una volte per tutte, che chi non paga le tasse commette un furto ai danni della collettività , specie nei confronti di chi non è in grado di sopperire alla mancanza di servizi sociali.
Che pagare le tasse sia un preciso dovere morale dovrebbe essere
un'evidenza: come tutti hanno il diritto di beneficiare dei servizi
offerti dallo Stato, per quanto più o meno efficienti essi possano
essere, così ciascuno in rapporto alle proprie possibilità deve
contribuire ai costi che tutto questo comporta, dall'istruzione alla
tutela e cura della salute, dalle reti di comunicazione all'assistenza
ai più deboli e alle garanzie dovute all'anzianità. Il "bene comune" si
realizza precisamente nell'offerta adeguata e il più possibile alta dei
servizi, supportata da una partecipazione alla spesa che sia
responsabile e commisurata alle possibilità di ciascuno. In questo
senso, l'evasione fiscale è una forma di furto al bene di tutti, una
colpa morale frutto di egoismo e di avidità, una negazione di
quell'esigenza di solidarietà verso gli altri, specie i più deboli, che
deve regolare la società e l'impegno dei singoli.
Altro discorso riguarda un
secondo principio non meno importante: che le tasse siano eque! Di conseguenza, a fronte del fatto che è giusto che sacrifici
siano fatti da tutti, tuttavia, essi vanno
commisurati alle effettive risorse e possibilità di ciascuno: chiedere a
tutti lo stesso prezzo secondo un apparente criterio di giusta
ripartizione, è in realtà somma ingiustizia (è quello che avviene di
fatto col rialzo dell'Iva o l'aumento del prezzo dei carburanti che finiscono col colpire diffusamente tutti e
specialmente chi meno ha e può dare!). Chiedere di più a chi ha di più è
invece la misura equa che è necessario mettere in atto: e l'accortezza
sta qui nel domandare di più specialmente a chi dispone di grandi
risorse e gode di un'ampia gamma di beni superflui o non strettamente
necessari. Così, ad esempio, le tasse sui beni immobili sono necessarie:
tuttavia, se a essere colpiti gravemente sono i piccoli risparmiatori
che con sacrificio sono giunti al possesso della propria casa o hanno
investito i risparmi di una vita su un bene modesto destinato ai loro
figli, ciò può costituire una grave forma di iniquità, specialmente se
al contempo non viene richiesta una maggiore contribuzione a chi più
possiede (ad esempio nella forma di una patrimoniale consistente sulle
grandi proprietà) o non viene dato l'esempio di rinunciare a privilegi e
benefici da parte di chi ne dispone in forza del mandato politico
ricevuto.
Quando, pochi anni fa, uno
dei più seri, lucidi e preparati ministri dell’economia che il nostro
Paese abbia mai avuto definì «bellissimo» il fatto di pagare le tasse,
venne deriso: ormai smarrita ogni etica civile collettiva, chi aveva
osato ricordare la bontà di un gesto solidale come il pagare le imposte
finalizzate al bene comune non poteva che essere messo alla berlina. Ma
il problema oggi come allora è proprio qui, nella mancanza di coscienza
collettiva: non si può chiedere un gesto di condivisione a chi non sa
più di essere parte di un organismo vivente, come non si può chiedere
alle braccia o alle gambe di faticare per un corpo che esse considerano
estraneo.
Finisco con una citazione di un notissimo " politico" italiano che non poco ha contribuito ad accrescere l'evasione delle tasse e , conseguentemente, l'impoverimento di larga parte della popolazione costretta a pagarsi o a rinunciare a servizi pubblici di primaria importanza : "Credo che la pressione fiscale sia eccessiva e che comporti una sorta
di giustificazione morale in chi evade. Essendo il primo contribuente
italiano credo di non poter essere accusato di far le lodi di chi
evade".
Cartelle esattoriali equivalenti ad un cappio alla gola dei contribuenti, tanto da indurli al suicidio: ma stanno veramente così le cose?
Il gran parlare che si sta facendo in questi giorni a causa dei suicidi dovuti alla crisi impone delle riflessioni accurate.
Anzitutto vanno distinte le morti provocate direttamente dalla crisi nei confronti delle quali esprimo il più profondo cordoglio e rincrescimento, perché non v'è nulla di più triste e desolante che morire per mancanza di un diritto ( quello ad un lavoro), da quelle determinatesi, stando a quel che ci raccontano stampa e tv, per effetto di cartelle esattoriali dell' equitalia.
Ma, mi sono chiesto, a cosa attengono di preciso queste maledette cartelle? A tasse evase, a tasse non pagate, a soldi, cioè,che l'evasore non ha versato, pur avendone l'obbligo, e che ha tenuto per sé ed i suoi familiari. Bisogna, mi sono domandato a nome ci chi le tasse le paga, avere compassione di questa gente? Essi sono stati compassionevoli nel momento in cui, consapevolmente o no, hanno determinato, che so, la chiusura di un reparto ospedaliero o la mancata fruizione dell'asilo nido piuttosto che la fruizione di trasporto pubblico agevolato per cittadini meno fortunati di loro?
Si abbia il coraggio di dire, una volte per tutte, che chi non paga le tasse commette un furto ai danni della collettività , specie nei confronti di chi non è in grado di sopperire alla mancanza di servizi sociali.
Che pagare le tasse sia un preciso dovere morale dovrebbe essere
un'evidenza: come tutti hanno il diritto di beneficiare dei servizi
offerti dallo Stato, per quanto più o meno efficienti essi possano
essere, così ciascuno in rapporto alle proprie possibilità deve
contribuire ai costi che tutto questo comporta, dall'istruzione alla
tutela e cura della salute, dalle reti di comunicazione all'assistenza
ai più deboli e alle garanzie dovute all'anzianità. Il "bene comune" si
realizza precisamente nell'offerta adeguata e il più possibile alta dei
servizi, supportata da una partecipazione alla spesa che sia
responsabile e commisurata alle possibilità di ciascuno. In questo
senso, l'evasione fiscale è una forma di furto al bene di tutti, una
colpa morale frutto di egoismo e di avidità, una negazione di
quell'esigenza di solidarietà verso gli altri, specie i più deboli, che
deve regolare la società e l'impegno dei singoli.
Altro discorso riguarda un
secondo principio non meno importante: che le tasse siano eque! Di conseguenza, a fronte del fatto che è giusto che sacrifici
siano fatti da tutti, tuttavia, essi vanno
commisurati alle effettive risorse e possibilità di ciascuno: chiedere a
tutti lo stesso prezzo secondo un apparente criterio di giusta
ripartizione, è in realtà somma ingiustizia (è quello che avviene di
fatto col rialzo dell'Iva o l'aumento del prezzo dei carburanti che finiscono col colpire diffusamente tutti e
specialmente chi meno ha e può dare!). Chiedere di più a chi ha di più è
invece la misura equa che è necessario mettere in atto: e l'accortezza
sta qui nel domandare di più specialmente a chi dispone di grandi
risorse e gode di un'ampia gamma di beni superflui o non strettamente
necessari. Così, ad esempio, le tasse sui beni immobili sono necessarie:
tuttavia, se a essere colpiti gravemente sono i piccoli risparmiatori
che con sacrificio sono giunti al possesso della propria casa o hanno
investito i risparmi di una vita su un bene modesto destinato ai loro
figli, ciò può costituire una grave forma di iniquità, specialmente se
al contempo non viene richiesta una maggiore contribuzione a chi più
possiede (ad esempio nella forma di una patrimoniale consistente sulle
grandi proprietà) o non viene dato l'esempio di rinunciare a privilegi e
benefici da parte di chi ne dispone in forza del mandato politico
ricevuto.
Quando, pochi anni fa, uno
dei più seri, lucidi e preparati ministri dell’economia che il nostro
Paese abbia mai avuto definì «bellissimo» il fatto di pagare le tasse,
venne deriso: ormai smarrita ogni etica civile collettiva, chi aveva
osato ricordare la bontà di un gesto solidale come il pagare le imposte
finalizzate al bene comune non poteva che essere messo alla berlina. Ma
il problema oggi come allora è proprio qui, nella mancanza di coscienza
collettiva: non si può chiedere un gesto di condivisione a chi non sa
più di essere parte di un organismo vivente, come non si può chiedere
alle braccia o alle gambe di faticare per un corpo che esse considerano
estraneo.
Finisco con una citazione di un notissimo " politico" italiano che non poco ha contribuito ad accrescere l'evasione delle tasse e , conseguentemente, l'impoverimento di larga parte della popolazione costretta a pagarsi o a rinunciare a servizi pubblici di primaria importanza : "Credo che la pressione fiscale sia eccessiva e che comporti una sorta
di giustificazione morale in chi evade. Essendo il primo contribuente
italiano credo di non poter essere accusato di far le lodi di chi
evade".
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