lunedì 26 luglio 2010

Ddl intercettazioni e censura dei blog. E la libertà di espressione? Emigreremo in Islanda?

Il Ddl 1611 sulle intercettazioni nato, per dichiarazione degli stessi firmatari, per tutelare la privacy, sta dimostrando,di fatto, la sua vera natura di limitazione alla libertà di stampa. Ma v'è di più: una volta approvata questa legge, si renderanno meno efficaci alcuni tra i più formidabili strumenti utilizzati dai magistrati nella lotta al crimine. Fortunatamente la Presidente della Commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, ha  apportato delle modifiche che renderanno meno rigida la censura: "Le intercettazioni possono essere pubblicate se hanno rilevanza sociale". Permane,però, l'eliminazione della cosiddetta "Norma Falcone" con conseguenti problemi nell'intercettazione delle associazioni a delinquere non mafiose. Nonostante la correzione della Bongiorno resta nel provvedimento in corso di approvazione una norma  che viene dibattuta in rete con grande passione e grande impegno e riguarda direttamente internet e i blog .
Tale norma riguarda infatti proprio il mondo del web anche se non è comprensibile e ben chiaro il  suo nesso con le intercettazioni telefoniche. Sarà, a legge approvata, fatto obbligo a qualsiasi blog e quindi a qualsiasi blogger di rettificare, nello spazio di 48 ore ,una notizia o un articolo che possa contenere una informazione non corretta. In sostanza, se la norma venisse approvata, tutti i blogger dovrebbero stare all'erta per pubblicare una eventuale rettifica che venga loro richiesta,pena una multa di 12.500 euro.  E'  di tutta evidenza che questo porterà molti siti a una scelta drastica: o  chiudere o  smettere prudentemente  di occuparsi di argomenti su cui i potenti, e i loro agguerriti avvocati, sono particolarmente sensibili.
Attenzione! Si badi bene: non si tratta di  perseguire il reato di diffamazione già ovviamente previsto e punito dalla legge. La nuova norma riguarderà, ad esempio, anche una notizia non riportata in modo perfettamente corretto perché si è sbagliato, nella trascrizione, un nome o una data o una citazione:  queste cose sono  ovviamente sempre possibili in siti gestiti da non professionisti!
Mentre in Italia si va verso la censura del web, altri Paesi, per loro fortuna, vanno in tutt'altra direzione. E' notizia di poco fa che l'Islanda ha approvato all'unanimità una legge che potremmo definire "senza bavaglio".
Nessuno potrà in alcun modo impedire la divulgazione di documenti, la visione di siti e tutto il materiale che sarà immesso nei server islandesi.
Ma c'è di più (riporto da Repubblica): Se uno Stato o un privato si ritenesse diffamato e ricorresse davanti ad una corte straniera, la società islandese proprietaria del computer (il server) che ha immesso in Rete carte segrete, non solo non potrà essere intimidita con la minaccia di quei processi dai costi esorbitanti che stanno costringendo all'autocensura molto giornalismo occidentale, ma sarà autorizzata a rispondere con una contro-citazione davanti ad una corte dell'isola, dichiarandosi vittima di una minaccia alla libertà d'espressione.
Con questa norma l'Islanda potrebbe diventare il bunker del giornalismo investigativo. Si potrebbe sempre acquistare un dominio in quel Paese e postare notizie che potrebbero essere censurate altrove. Già adesso chi volesse divulgare intercettazioni dal contenuto significativo non dovrebbe fare altro che mandare le fotocopie del documento originale ad un sito specializzato nella divulgazione di segreti.
Wikileaks.org è un'organizzazione, con base ufficiale in Islanda,che verificherebbe l'autenticità del contenuto attraverso i suoi collaboratori in Italia quindi lo metterebbe in rete. Attraverso questo sito sono stati nelle ultime ore divulgati documenti riservati del Pentagono che illustrano la disastrosa situazione militare in Afghanistan e il doppio gioco del Pakistan. La Casa Bianca ha immediatamente protestato contro la diffusione di segreti militari. Da manuale la risposta del responsabile di Wikileaks: "Ci accusano? Allora buon giornalismo?"
Nei Paesi totalitari hanno da sempre tentato di mettere un freno alla libertà di stampa. Questo ha funzionato e funziona solo in quei paesi in cui queste norme sono accompagnate da una situazione istituzionale non democratica (Cuba, Iran, Birmania, Corea del Nord, ecc.). Quando si tenta di fare queste operazioni in Paesi in cui esistono comunque la libertà di associazione e non si rischia di finire in galera per le proprie idee si riesce solo per fare una figura meschina, addirittura controproducente.
Le intercettazioni della D'Addario sarebbero finite nei server di qualche altro Paese,così come quelle di Verdini, della P3 e del comitato d'affari della Protezione Civile. Chi avesse voluto ascoltarle lo avrebbe fatto comunque collegandosi su un sito estero.
Il problema semmai è quello della presenza di una doppia opinione pubblica: gli informatissimi che accedono alle notizie attraverso internet e i "meno informati" che continuano a conoscere solo quello che passa in televisione. Questi ultimi sono brillantemente rappresentati dalle straordinarie e ormai celeberrime Ragazze Coatte di Ostia. Forse il vero obbiettivo è proprio quello di mantenere una parte dell'opinione pubblica uniformata a tale eccelso valore intellettuale.
Aggiornamento: Le notizie riservate sulla guerra in Afghanistan sono state immediatamente riprese dal New York Times, dal Guardian e dal tedesco Der Spiegel nelle loro edizioni online. Non si sono limitati a linkare i documenti presenti su Wikileaks ma li hanno ripubblicati e integrati. Non si sono certo preoccupati delle conseguenze, hanno fatto solo il loro lavoro di giornalisti. Per noi italiani alle prese con questo dibattito di retroguardia non rimane che l'invidia e la mortificazione.

Il Ddl 1611 sulle intercettazioni nato, per dichiarazione degli stessi firmatari, per tutelare la privacy, sta dimostrando,di fatto, la sua vera natura di limitazione alla libertà di stampa. Ma v'è di più: una volta approvata questa legge, si renderanno meno efficaci alcuni tra i più formidabili strumenti utilizzati dai magistrati nella lotta al crimine. Fortunatamente la Presidente della Commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, ha  apportato delle modifiche che renderanno meno rigida la censura: "Le intercettazioni possono essere pubblicate se hanno rilevanza sociale". Permane,però, l'eliminazione della cosiddetta "Norma Falcone" con conseguenti problemi nell'intercettazione delle associazioni a delinquere non mafiose. Nonostante la correzione della Bongiorno resta nel provvedimento in corso di approvazione una norma  che viene dibattuta in rete con grande passione e grande impegno e riguarda direttamente internet e i blog .
Tale norma riguarda infatti proprio il mondo del web anche se non è comprensibile e ben chiaro il  suo nesso con le intercettazioni telefoniche. Sarà, a legge approvata, fatto obbligo a qualsiasi blog e quindi a qualsiasi blogger di rettificare, nello spazio di 48 ore ,una notizia o un articolo che possa contenere una informazione non corretta. In sostanza, se la norma venisse approvata, tutti i blogger dovrebbero stare all'erta per pubblicare una eventuale rettifica che venga loro richiesta,pena una multa di 12.500 euro.  E'  di tutta evidenza che questo porterà molti siti a una scelta drastica: o  chiudere o  smettere prudentemente  di occuparsi di argomenti su cui i potenti, e i loro agguerriti avvocati, sono particolarmente sensibili.
Attenzione! Si badi bene: non si tratta di  perseguire il reato di diffamazione già ovviamente previsto e punito dalla legge. La nuova norma riguarderà, ad esempio, anche una notizia non riportata in modo perfettamente corretto perché si è sbagliato, nella trascrizione, un nome o una data o una citazione:  queste cose sono  ovviamente sempre possibili in siti gestiti da non professionisti!
Mentre in Italia si va verso la censura del web, altri Paesi, per loro fortuna, vanno in tutt'altra direzione. E' notizia di poco fa che l'Islanda ha approvato all'unanimità una legge che potremmo definire "senza bavaglio".
Nessuno potrà in alcun modo impedire la divulgazione di documenti, la visione di siti e tutto il materiale che sarà immesso nei server islandesi.
Ma c'è di più (riporto da Repubblica): Se uno Stato o un privato si ritenesse diffamato e ricorresse davanti ad una corte straniera, la società islandese proprietaria del computer (il server) che ha immesso in Rete carte segrete, non solo non potrà essere intimidita con la minaccia di quei processi dai costi esorbitanti che stanno costringendo all'autocensura molto giornalismo occidentale, ma sarà autorizzata a rispondere con una contro-citazione davanti ad una corte dell'isola, dichiarandosi vittima di una minaccia alla libertà d'espressione.
Con questa norma l'Islanda potrebbe diventare il bunker del giornalismo investigativo. Si potrebbe sempre acquistare un dominio in quel Paese e postare notizie che potrebbero essere censurate altrove. Già adesso chi volesse divulgare intercettazioni dal contenuto significativo non dovrebbe fare altro che mandare le fotocopie del documento originale ad un sito specializzato nella divulgazione di segreti.
Wikileaks.org è un'organizzazione, con base ufficiale in Islanda,che verificherebbe l'autenticità del contenuto attraverso i suoi collaboratori in Italia quindi lo metterebbe in rete. Attraverso questo sito sono stati nelle ultime ore divulgati documenti riservati del Pentagono che illustrano la disastrosa situazione militare in Afghanistan e il doppio gioco del Pakistan. La Casa Bianca ha immediatamente protestato contro la diffusione di segreti militari. Da manuale la risposta del responsabile di Wikileaks: "Ci accusano? Allora buon giornalismo?"
Nei Paesi totalitari hanno da sempre tentato di mettere un freno alla libertà di stampa. Questo ha funzionato e funziona solo in quei paesi in cui queste norme sono accompagnate da una situazione istituzionale non democratica (Cuba, Iran, Birmania, Corea del Nord, ecc.). Quando si tenta di fare queste operazioni in Paesi in cui esistono comunque la libertà di associazione e non si rischia di finire in galera per le proprie idee si riesce solo per fare una figura meschina, addirittura controproducente.
Le intercettazioni della D'Addario sarebbero finite nei server di qualche altro Paese,così come quelle di Verdini, della P3 e del comitato d'affari della Protezione Civile. Chi avesse voluto ascoltarle lo avrebbe fatto comunque collegandosi su un sito estero.
Il problema semmai è quello della presenza di una doppia opinione pubblica: gli informatissimi che accedono alle notizie attraverso internet e i "meno informati" che continuano a conoscere solo quello che passa in televisione. Questi ultimi sono brillantemente rappresentati dalle straordinarie e ormai celeberrime Ragazze Coatte di Ostia. Forse il vero obbiettivo è proprio quello di mantenere una parte dell'opinione pubblica uniformata a tale eccelso valore intellettuale.
Aggiornamento: Le notizie riservate sulla guerra in Afghanistan sono state immediatamente riprese dal New York Times, dal Guardian e dal tedesco Der Spiegel nelle loro edizioni online. Non si sono limitati a linkare i documenti presenti su Wikileaks ma li hanno ripubblicati e integrati. Non si sono certo preoccupati delle conseguenze, hanno fatto solo il loro lavoro di giornalisti. Per noi italiani alle prese con questo dibattito di retroguardia non rimane che l'invidia e la mortificazione.

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