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Nella nostra città, dal 1° aprile, è iniziata la raccolta differenziata, essa prevede una selezione da parte dei cittadini della tipologia dei rifiuti solidi urbani.
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Perché si ritorna a parlare di preti pedofili, con accuse che si riferiscono alla Germania, a persone vicine al Papa e ormai anche al Papa stesso? La sociologia ha qualche cosa da dire o deve lasciare libero il campo ai soli giornalisti? Credo che la sociologia abbia molto da dire, e che non debba tacere per il timore di scontentare qualcuno. La discussione attuale sui preti pedofili – considerata dal punto di vista del sociologo – rappresenta un esempio tipico di “panico morale". Il concetto è nato negli anni 1970 per spiegare come alcuni problemi siano oggetto di una “ipercostruzione sociale”,cioè problemi socialmente costruiti caratterizzati da una amplificazione sistematica dei dati reali, sia nella rappresentazione mediatica sia nella discussione politica.I panici morali non fanno bene a nessuno. Distorcono la percezione dei problemi e compromettono l’efficacia delle misure che dovrebbero risolverli. A una cattiva analisi non può che seguire un cattivo intervento. Intediamoci: i panici morali hanno ai loro inizi condizioni obiettive e pericoli reali. Non inventano l’esistenza di un problema, ma ne esagerano le dimensioni statistiche. In una serie di pregevoli studi Philip Jenkins ha mostrato come la questione dei preti pedofili sia forse l’esempio più tipico di un panico morale. Sono presenti infatti i due elementi caratteristici: un dato reale di partenza, e un’esagerazione di questo dato ad opera di ambigui “imprenditori morali”Anzitutto, il dato reale di partenza. Esistono preti pedofili. Alcuni casi sono insieme sconvolgenti e disgustosi, hanno portato a condanne definitive e gli stessi accusati non si sono mai proclamati innocenti.Questi casi – negli Stati Uniti, in Irlanda, in Australia – spiegano le severe parole del Papa e la sua richiesta di perdono alle vittime. Anche se i casi fossero solo due – e purtroppo sono di più-sarebbero sempre due casi di troppo. I sociologi sono spesso accusati di lavorare sui freddi numeri dimenticando che dietro ogni numero c’è un caso umano. Ma i numeri, per quanto non siano sufficienti, sono necessari. Sono il presupposto di ogni analisi adeguata. I dati più ampi sono stati raccolti negli Stati Uniti, dove nel 2004 la Conferenza Episcopale ha commissionato uno studio indipendente al John Jay College of Criminal Justice della City University of New York, che non è un’università cattolica ed è unanimemente riconosciuta come la più autorevole istituzione accademica degli Stati Uniti in materia di criminologia. Questo studio ci dice che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni. Di questi poco più di un centinaio sono stati condannati da tribunali civili. Il basso numero di condanne da parte dello Stato deriva da diversi fattori. In alcuni casi le vere o presunte vittime hanno denunciato sacerdoti già defunti, o sono scattati i termini della prescrizione. In altri, all’accusa e anche alla condanna canonica non corrisponde la violazione di alcuna legge civile: è il caso, per esempio, in diversi Stati americani del sacerdote che abbia una relazione con una – o anche un – minorenne maggiore di sedici anni e consenziente. Ma ci sono anche stati molti casi clamorosi di sacerdoti innocenti accusati. Questi casi si sono anzi moltiplicati negli anni 1990, quando alcuni studi legali hanno capito di poter strappare transazioni milionarie anche sulla base di semplici sospetti. Nel periodo 2002-2010, lo studio del John Jay College notava il “declino notevolissimo” dei casi negli anni 2000. Le nuove inchieste sono state poche, e le condanne pochissime, a causa di misure rigorose introdotte sia dai vescovi statunitensi sia dalla Santa Sede. Le polemiche di queste ultime settimane sulla Germania e l’Austria mostrano una caratteristica tipica dei panici morali: si presentano come “nuovi” fatti risalenti a molti anni or sono, in alcuni casi a oltre trent’anni fa, in parte già noti . Il caso che – come alcuni giornali hanno titolato – “coinvolge il Papa” è a suo modo da manuale. Si riferisce a un episodio di abusi nell’Arcidiocesi di Monaco di Baviera e Frisinga, di cui era arcivescovo l’attuale Pontefice, che risale al 1980. Il caso è emerso nel 1985 ed è stato giudicato da un tribunale tedesco nel 1986, accertando tra l’altro che la decisione di accogliere nell’arcidiocesi il sacerdote in questione non era stata presa dal cardinale Ratzinger e non gli era neppure nota, il che non è strano in una grande diocesi con una complessa burocrazia.
Perché un quotidiano tedesco decida di riesumare questo caso e sbatterlo in prima pagina ventiquattro anni dopo la sentenza dovrebbe essere la vera questione. Per quanto sia poco politicamente corretto dirlo, c’è un dato che è assai più significativo: per oltre l’ottanta per cento i pedofili sono omosessuali, maschi che abusano di altri maschi. E – per citare ancora una volta Jenkins – oltre il novanta per cento dei sacerdoti cattolici condannati per abusi sessuali su minori e pedofilia è omosessuale. Se nella Chiesa Cattolica c’è stato effettivamente un problema, questo non è stato il celibato ma una certa tolleranza dell’omosessualità nei seminari particolarmente negli anni 1970, quando è stata ordinata la grande maggioranza di sacerdoti poi condannati per gli abusi. È un problema che Benedetto XVI sta vigorosamente correggendo. Più in generale il ritorno alla morale, alla disciplina ascetica, alla meditazione sulla vera, grande natura del sacerdozio sono l’antidoto ultimo alle tragedie vere della pedofilia. Anche a questo deve servire l’Anno Sacerdotale.Perché riesumare nel 2010 casi vecchi o molto spesso già noti, al ritmo di uno al giorno, attaccando sempre più direttamente il Papa – un attacco, per di più, paradossale se si considera la grandissima severità del cardinale Ratzinger prima e di Benedetto XVI poi su questo tema? Gli “imprenditori morali” che organizzano il panico hanno un’agenda che emerge sempre più chiaramente, e che non ha veramente al suo centro la protezione dei bambini. La lettura di certi articoli ci mostra come – alla vigilia di scelte politiche, giuridiche e anche elettorali che un po’ dovunque in Europa e nel mondo mettono in questione la somministrazione della pillola RU486, l’eutanasia, il riconoscimento delle unioni omosessuali, in cui quasi solo la voce della Chiesa e del Papa si leva a difendere la vita e la famiglia – lobby molto potenti cercano di squalificare preventivamente questa voce con l’accusa più infamante e oggi purtroppo anche più facile, quella di favorire o tollerare la pedofilia. Queste lobby più o meno massoniche manifestano il sinistro potere della tecnocrazia evocato dallo stesso Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate e la denuncia di Giovanni Paolo II, nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1985 (dell’8-12-1984), a proposito di “disegni nascosti” – accanto ad altri “apertamente propagandati” – “miranti a soggiogare tutti i popoli a regimi in cui Dio non conta”.
Davvero è questa un’ora di tenebre, che riporta alla mente la profezia di un grande pensatore cattolico del XIX secolo, il vercellese Emiliano Avogadro della Motta (1798-1865), secondo cui alle rovine arrecate dalle ideologie laiciste avrebbe fatto seguito un’autentica “demonolatria” che si sarebbe manifestata particolarmente nell’attacco alla famiglia e alla vera nozione del matrimonio. Ristabilire la verità sociologica sui panici morali in tema di preti e pedofilia di per sé non risolve i problemi e non ferma le lobby, ma può costituire almeno un piccolo e doveroso omaggio alla grandezza di un Pontefice e di una Chiesa feriti e calunniati perché sulla vita e la famiglia non si rassegnano a tacere.
Tratto da L'Occidente-orientamento quotidiano- di Massimo Introvigne - 26 marzo 2010
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