mercoledì 7 aprile 2010

Pedofilia e Chiesa Cattolica. Il Papa sapeva?


Questi documenti dimostrano senza ombra di dubbio che la Chiesa era a conoscenza dei numerosi casi di pedofilia perpetrati del reverendo Murphy a danno di bimbi non udenti.
Da essi si evince che la Curia, a conoscenza di atti di libidine di cui il prete si macchiò nel 1974, ritenne giusto sottacere, limitandosi a trasferire il colpevole presso un altra diocesi.
Ancora in questa occasione non viene assolutamente proposto di denunciare l'accaduto alle autorità giudiziali ma si propone di dare al prete un “salutare ammonimento” (parole testuali) intimando al reverendo di celebrare l'Eucaristia solo nella nuova diocesi di appartenenza. Vengono elencati i motivi per cui si ritiene non idoneo istituire neppure un processo canonico e cioè la difficoltà di provare il delitto e la poca attendibilità di una dichiarazione da parte di un sordomuto. Si definisce il pedofilo in abito talare un “bambino difficile” e ci si limita a prendere un impegno per strappargli un qualche tipo di pentimento.
La lettera si conclude con un terrificante “sarà difficile far comprendere alla comunità di sordomuti la lieve entità di questi provvedimenti”.
Il caso (?) ha voluto poi che l'allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinale Joseph Ratzinger e l'allora segretario della Congregazione, cardinale Tarcisio Bertone( attuale segretario di Stato) inviassero nel 2001 ai vescovi di tutta la Chiesa cattolica e agli altri ordinari e gerarchi interessati una lettera "De delictis gravioribus" nella quale si fa esplicito riferimento all'istruzione Crimen sollicitationis che individua «i delitti più gravi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti», rivedendo il Crimen sollicitationis alla luce delle recenti riforme dei codici di diritto canonico. La De Delictis Gravioribus a firma di Ratzinger, attribuisce , alla Congregazione per la dottrina della fede, una propria autonoma “giurisdizione” che aveva il suo decorso dal momento della denuncia di un eventuale crimine, fino ai dieci anni successivi al giorno in cui il minore avesse compiuto i diciotto anni d'età. Secondo le istruzioni di Ratzinger, i resoconti delle “indagini preliminari” su ogni singolo caso di abuso avrebbero dovuto essere inviati all'ufficio di cui lui era a capo, il quale ne avrebbe riferito a speciali tribunali vaticani, al cui interno le cariche di giudice, pubblico ministero, notaio e rappresentante legale venivano ricoperte esclusivamente da ecclesiastici. “Situazioni di questo tipo sono coperte dal segreto pontificio”, concludeva la lettera di Ratzinger. L'infrazione del segreto pontificio veniva intesa come una grave azione, perseguibile anche attraverso la scomunica.
Che ne pensate?
Qui troverete la documentazione ufficiale.






Questi documenti dimostrano senza ombra di dubbio che la Chiesa era a conoscenza dei numerosi casi di pedofilia perpetrati del reverendo Murphy a danno di bimbi non udenti.
Da essi si evince che la Curia, a conoscenza di atti di libidine di cui il prete si macchiò nel 1974, ritenne giusto sottacere, limitandosi a trasferire il colpevole presso un altra diocesi.
Ancora in questa occasione non viene assolutamente proposto di denunciare l'accaduto alle autorità giudiziali ma si propone di dare al prete un “salutare ammonimento” (parole testuali) intimando al reverendo di celebrare l'Eucaristia solo nella nuova diocesi di appartenenza. Vengono elencati i motivi per cui si ritiene non idoneo istituire neppure un processo canonico e cioè la difficoltà di provare il delitto e la poca attendibilità di una dichiarazione da parte di un sordomuto. Si definisce il pedofilo in abito talare un “bambino difficile” e ci si limita a prendere un impegno per strappargli un qualche tipo di pentimento.
La lettera si conclude con un terrificante “sarà difficile far comprendere alla comunità di sordomuti la lieve entità di questi provvedimenti”.
Il caso (?) ha voluto poi che l'allora Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, cardinale Joseph Ratzinger e l'allora segretario della Congregazione, cardinale Tarcisio Bertone( attuale segretario di Stato) inviassero nel 2001 ai vescovi di tutta la Chiesa cattolica e agli altri ordinari e gerarchi interessati una lettera "De delictis gravioribus" nella quale si fa esplicito riferimento all'istruzione Crimen sollicitationis che individua «i delitti più gravi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti», rivedendo il Crimen sollicitationis alla luce delle recenti riforme dei codici di diritto canonico. La De Delictis Gravioribus a firma di Ratzinger, attribuisce , alla Congregazione per la dottrina della fede, una propria autonoma “giurisdizione” che aveva il suo decorso dal momento della denuncia di un eventuale crimine, fino ai dieci anni successivi al giorno in cui il minore avesse compiuto i diciotto anni d'età. Secondo le istruzioni di Ratzinger, i resoconti delle “indagini preliminari” su ogni singolo caso di abuso avrebbero dovuto essere inviati all'ufficio di cui lui era a capo, il quale ne avrebbe riferito a speciali tribunali vaticani, al cui interno le cariche di giudice, pubblico ministero, notaio e rappresentante legale venivano ricoperte esclusivamente da ecclesiastici. “Situazioni di questo tipo sono coperte dal segreto pontificio”, concludeva la lettera di Ratzinger. L'infrazione del segreto pontificio veniva intesa come una grave azione, perseguibile anche attraverso la scomunica.
Che ne pensate?
Qui troverete la documentazione ufficiale.






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