mercoledì 28 luglio 2010

Fini ed i servi del padrone: i lecchini della carta stampata.

Navigando in rete ho notato questo articolo che focalizza con estrema precisione uno dei problemi che, più di altri, falsa la realtà, spostando l'attenzione dal problema concreto della corruzione politica a tutta una serie di espedienti che hanno l'unico scopo di distrarrre l'attenzione e confondere il già poco attento e superficiale lettore.
L'ultimo, in ordine di tempo, di questi escamotages riguarda il problema di etica e di moralità posto dal presidente Fini all'interno del Pdl. Emblematico sotto questo aspetto trovo il caso dell'on. Granata messo alla gogna mediatica ed accusato vergognosamente ed inverecondamente  dai berluscones per aver denunciato delle situazioni sospette(sic)! Eccovi, comunque, l'articolo in questione:
Che siano colonnelli o giornalisti, poco cambia. Perché le accuse a Gianfranco Fini e ai “finiani” che, ogni giorno più minacciose, più urlate, quasi isteriche, si levano da alcuni settori vicini o interni al Pdl, hanno una cosa in comune: il vuoto. Il nulla, l’inconsistenza, la vacuità. Sono slogan a effetto, più che rilievi e notazioni. Sono scomuniche, più che risposte argomentate. Insomma, il punto è questo: nessuno entra nel merito.
E non è solo questione di questi giorni, a pensarci bene. È un vizio diffuso della politica nostrana (soprattutto di quella recente), che preferisce le chiamate alle armi al ragionamento. E allora vai con i titoli a effetto, che si reggono sempre e soltanto sul sospetto di collusione col nemico, sull'ombra del tradimento, sul sospetto di diserzione. “Gianfranco manettaro come Di Pietro”, ci dice Libero. Che poi dedica due pagine a Fabio (Granata), “da sempre esperto in fuoco amico”. Fotocopia sul Giornale di Feltri: “Fini parla come Tonino”, mentre “Granata spopola sul sito del Fatto”. Facile catturare l'attenzione così. Ma poi?
Nessuno che si prenda la briga di rispondere nel benedetto “merito” alle questioni sollevate dal presidente della Camera. Nessuno che provi a spiegare per quale motivo Nicola Cosentino si è dimesso da sottosegretario ma non da coordinatore regionale, né perché Denis Verdini abbia lasciato l'incarico nella sua banca ma non quello nel suo partito. Nessuno che dia uno straccio di risposta, nessuno che si spinga oltre il dileggio, oltre la marchiatura a fuoco, oltre la denuncia di eresia. Al massimo – con richiami, speriamo involontari, alla gloriosa tradizione stalinista – si avanzano tesi dal sapore psicanalitico o medico, che di politico hanno ben poco: “Fini si è montato la testa”, è la diagnosi - tanto per fare un esempio, e per la serie “alla faccia dell'imparzialità” - del professor Mathieu, capo dei probiviri del Pdl (ma il repertorio è vastissimo, e spazia dall’“invidia” alla “follia pura”).
Così alla fine resta solo quello. Resta quel nulla, quell’insostenibile assenza di contenuto. Quel vuoto pneumatico coperto da titoli a effetto che è, in fin dei conti, la miglior conferma di quanto sia necessario il lavoro di Gianfranco Fini (quel “fastidioso controcanto”) per il futuro del suo partito.
di Federico Brigadelli

Navigando in rete ho notato questo articolo che focalizza con estrema precisione uno dei problemi che, più di altri, falsa la realtà, spostando l'attenzione dal problema concreto della corruzione politica a tutta una serie di espedienti che hanno l'unico scopo di distrarrre l'attenzione e confondere il già poco attento e superficiale lettore.
L'ultimo, in ordine di tempo, di questi escamotages riguarda il problema di etica e di moralità posto dal presidente Fini all'interno del Pdl. Emblematico sotto questo aspetto trovo il caso dell'on. Granata messo alla gogna mediatica ed accusato vergognosamente ed inverecondamente  dai berluscones per aver denunciato delle situazioni sospette(sic)! Eccovi, comunque, l'articolo in questione:
Che siano colonnelli o giornalisti, poco cambia. Perché le accuse a Gianfranco Fini e ai “finiani” che, ogni giorno più minacciose, più urlate, quasi isteriche, si levano da alcuni settori vicini o interni al Pdl, hanno una cosa in comune: il vuoto. Il nulla, l’inconsistenza, la vacuità. Sono slogan a effetto, più che rilievi e notazioni. Sono scomuniche, più che risposte argomentate. Insomma, il punto è questo: nessuno entra nel merito.
E non è solo questione di questi giorni, a pensarci bene. È un vizio diffuso della politica nostrana (soprattutto di quella recente), che preferisce le chiamate alle armi al ragionamento. E allora vai con i titoli a effetto, che si reggono sempre e soltanto sul sospetto di collusione col nemico, sull'ombra del tradimento, sul sospetto di diserzione. “Gianfranco manettaro come Di Pietro”, ci dice Libero. Che poi dedica due pagine a Fabio (Granata), “da sempre esperto in fuoco amico”. Fotocopia sul Giornale di Feltri: “Fini parla come Tonino”, mentre “Granata spopola sul sito del Fatto”. Facile catturare l'attenzione così. Ma poi?
Nessuno che si prenda la briga di rispondere nel benedetto “merito” alle questioni sollevate dal presidente della Camera. Nessuno che provi a spiegare per quale motivo Nicola Cosentino si è dimesso da sottosegretario ma non da coordinatore regionale, né perché Denis Verdini abbia lasciato l'incarico nella sua banca ma non quello nel suo partito. Nessuno che dia uno straccio di risposta, nessuno che si spinga oltre il dileggio, oltre la marchiatura a fuoco, oltre la denuncia di eresia. Al massimo – con richiami, speriamo involontari, alla gloriosa tradizione stalinista – si avanzano tesi dal sapore psicanalitico o medico, che di politico hanno ben poco: “Fini si è montato la testa”, è la diagnosi - tanto per fare un esempio, e per la serie “alla faccia dell'imparzialità” - del professor Mathieu, capo dei probiviri del Pdl (ma il repertorio è vastissimo, e spazia dall’“invidia” alla “follia pura”).
Così alla fine resta solo quello. Resta quel nulla, quell’insostenibile assenza di contenuto. Quel vuoto pneumatico coperto da titoli a effetto che è, in fin dei conti, la miglior conferma di quanto sia necessario il lavoro di Gianfranco Fini (quel “fastidioso controcanto”) per il futuro del suo partito.
di Federico Brigadelli


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