venerdì 11 maggio 2012

Equitalia, le tasse ed i suicidi : di chi la colpa?

Cartelle esattoriali equivalenti ad un cappio alla gola dei contribuenti, tanto da indurli al suicidio: ma stanno veramente così le cose?
Il gran parlare che si sta facendo in questi giorni a causa dei suicidi dovuti alla crisi impone delle riflessioni accurate.
Anzitutto vanno distinte le morti provocate direttamente dalla crisi nei confronti delle quali esprimo il più profondo cordoglio e rincrescimento, perché non v'è nulla di più triste  e desolante che morire per mancanza di un diritto ( quello ad un lavoro), da quelle determinatesi, stando a quel che ci raccontano stampa e tv, per effetto di cartelle esattoriali dell' equitalia.
Ma, mi sono chiesto, a cosa attengono di preciso queste maledette cartelle? A tasse evase, a tasse non pagate, a soldi, cioè,che l'evasore non ha versato, pur avendone l'obbligo,  e che ha tenuto per sé ed i suoi familiari. Bisogna, mi sono domandato a nome ci chi le tasse le paga, avere compassione di questa gente? Essi sono stati compassionevoli nel momento in cui, consapevolmente o no, hanno determinato, che so, la chiusura di un reparto ospedaliero o la mancata fruizione dell'asilo nido piuttosto che la fruizione di trasporto pubblico agevolato per cittadini meno fortunati di loro?
Si abbia il coraggio di dire, una volte per tutte, che chi non paga le tasse commette un furto ai danni della collettività , specie nei confronti di chi non è in grado di sopperire alla mancanza di servizi sociali.
 Che pagare le tasse sia un preciso dovere morale dovrebbe essere un'evidenza: come tutti hanno il diritto di beneficiare dei servizi offerti dallo Stato, per quanto più o meno efficienti essi possano essere, così ciascuno in rapporto alle proprie possibilità deve contribuire ai costi che tutto questo comporta, dall'istruzione alla tutela e cura della salute, dalle reti di comunicazione all'assistenza ai più deboli e alle garanzie dovute all'anzianità.  Il "bene comune" si realizza precisamente nell'offerta adeguata e il più possibile alta dei servizi, supportata da una partecipazione alla spesa che sia responsabile e commisurata alle possibilità di ciascuno. In questo senso, l'evasione fiscale è una forma di furto al bene di tutti, una colpa morale frutto di egoismo e di avidità, una negazione di quell'esigenza di solidarietà verso gli altri, specie i più deboli, che deve regolare la società e l'impegno dei singoli.
 Altro discorso riguarda un secondo principio non meno importante: che le tasse siano eque!  Di conseguenza, a fronte del fatto che è giusto che sacrifici siano fatti da tutti, tuttavia, essi vanno commisurati alle effettive risorse e possibilità di ciascuno: chiedere a tutti lo stesso prezzo secondo un apparente criterio di giusta ripartizione, è in realtà somma ingiustizia (è quello che avviene di fatto col rialzo dell'Iva o l'aumento del prezzo dei carburanti che finiscono col colpire diffusamente tutti e specialmente chi meno ha e può dare!). Chiedere di più a chi ha di più è invece la misura equa che è necessario mettere in atto: e l'accortezza sta qui nel domandare di più specialmente a chi dispone di grandi risorse e gode di un'ampia gamma di beni superflui o non strettamente necessari. Così, ad esempio, le tasse sui beni immobili sono necessarie: tuttavia, se a essere colpiti gravemente sono i piccoli risparmiatori che con sacrificio sono giunti al possesso della propria casa o hanno investito i risparmi di una vita su un bene modesto destinato ai loro figli, ciò può costituire una grave forma di iniquità, specialmente se al contempo non viene richiesta una maggiore contribuzione a chi più possiede (ad esempio nella forma di una patrimoniale consistente sulle grandi proprietà) o non viene dato l'esempio di rinunciare a privilegi e benefici da parte di chi ne dispone in forza del mandato politico ricevuto.
 Quando, pochi anni fa, uno dei più seri, lucidi e preparati ministri dell’economia che il nostro Paese abbia mai avuto definì «bellissimo» il fatto di pagare le tasse, venne deriso: ormai smarrita ogni etica civile collettiva, chi aveva osato ricordare la bontà di un gesto solidale come il pagare le imposte finalizzate al bene comune non poteva che essere messo alla berlina. Ma il problema oggi come allora è proprio qui, nella mancanza di coscienza collettiva: non si può chiedere un gesto di condivisione a chi non sa più di essere parte di un organismo vivente, come non si può chiedere alle braccia o alle gambe di faticare per un corpo che esse considerano estraneo.
Finisco con una citazione di un notissimo " politico" italiano che non poco ha contribuito ad accrescere l'evasione delle tasse e , conseguentemente, l'impoverimento di larga parte della popolazione costretta a pagarsi o a rinunciare a servizi pubblici di primaria importanza :  "Credo che la pressione fiscale sia eccessiva e che comporti una sorta di giustificazione morale in chi evade. Essendo il primo contribuente italiano credo di non poter essere accusato di far le lodi di chi evade".

Cartelle esattoriali equivalenti ad un cappio alla gola dei contribuenti, tanto da indurli al suicidio: ma stanno veramente così le cose?
Il gran parlare che si sta facendo in questi giorni a causa dei suicidi dovuti alla crisi impone delle riflessioni accurate.
Anzitutto vanno distinte le morti provocate direttamente dalla crisi nei confronti delle quali esprimo il più profondo cordoglio e rincrescimento, perché non v'è nulla di più triste  e desolante che morire per mancanza di un diritto ( quello ad un lavoro), da quelle determinatesi, stando a quel che ci raccontano stampa e tv, per effetto di cartelle esattoriali dell' equitalia.
Ma, mi sono chiesto, a cosa attengono di preciso queste maledette cartelle? A tasse evase, a tasse non pagate, a soldi, cioè,che l'evasore non ha versato, pur avendone l'obbligo,  e che ha tenuto per sé ed i suoi familiari. Bisogna, mi sono domandato a nome ci chi le tasse le paga, avere compassione di questa gente? Essi sono stati compassionevoli nel momento in cui, consapevolmente o no, hanno determinato, che so, la chiusura di un reparto ospedaliero o la mancata fruizione dell'asilo nido piuttosto che la fruizione di trasporto pubblico agevolato per cittadini meno fortunati di loro?
Si abbia il coraggio di dire, una volte per tutte, che chi non paga le tasse commette un furto ai danni della collettività , specie nei confronti di chi non è in grado di sopperire alla mancanza di servizi sociali.
 Che pagare le tasse sia un preciso dovere morale dovrebbe essere un'evidenza: come tutti hanno il diritto di beneficiare dei servizi offerti dallo Stato, per quanto più o meno efficienti essi possano essere, così ciascuno in rapporto alle proprie possibilità deve contribuire ai costi che tutto questo comporta, dall'istruzione alla tutela e cura della salute, dalle reti di comunicazione all'assistenza ai più deboli e alle garanzie dovute all'anzianità.  Il "bene comune" si realizza precisamente nell'offerta adeguata e il più possibile alta dei servizi, supportata da una partecipazione alla spesa che sia responsabile e commisurata alle possibilità di ciascuno. In questo senso, l'evasione fiscale è una forma di furto al bene di tutti, una colpa morale frutto di egoismo e di avidità, una negazione di quell'esigenza di solidarietà verso gli altri, specie i più deboli, che deve regolare la società e l'impegno dei singoli.
 Altro discorso riguarda un secondo principio non meno importante: che le tasse siano eque!  Di conseguenza, a fronte del fatto che è giusto che sacrifici siano fatti da tutti, tuttavia, essi vanno commisurati alle effettive risorse e possibilità di ciascuno: chiedere a tutti lo stesso prezzo secondo un apparente criterio di giusta ripartizione, è in realtà somma ingiustizia (è quello che avviene di fatto col rialzo dell'Iva o l'aumento del prezzo dei carburanti che finiscono col colpire diffusamente tutti e specialmente chi meno ha e può dare!). Chiedere di più a chi ha di più è invece la misura equa che è necessario mettere in atto: e l'accortezza sta qui nel domandare di più specialmente a chi dispone di grandi risorse e gode di un'ampia gamma di beni superflui o non strettamente necessari. Così, ad esempio, le tasse sui beni immobili sono necessarie: tuttavia, se a essere colpiti gravemente sono i piccoli risparmiatori che con sacrificio sono giunti al possesso della propria casa o hanno investito i risparmi di una vita su un bene modesto destinato ai loro figli, ciò può costituire una grave forma di iniquità, specialmente se al contempo non viene richiesta una maggiore contribuzione a chi più possiede (ad esempio nella forma di una patrimoniale consistente sulle grandi proprietà) o non viene dato l'esempio di rinunciare a privilegi e benefici da parte di chi ne dispone in forza del mandato politico ricevuto.
 Quando, pochi anni fa, uno dei più seri, lucidi e preparati ministri dell’economia che il nostro Paese abbia mai avuto definì «bellissimo» il fatto di pagare le tasse, venne deriso: ormai smarrita ogni etica civile collettiva, chi aveva osato ricordare la bontà di un gesto solidale come il pagare le imposte finalizzate al bene comune non poteva che essere messo alla berlina. Ma il problema oggi come allora è proprio qui, nella mancanza di coscienza collettiva: non si può chiedere un gesto di condivisione a chi non sa più di essere parte di un organismo vivente, come non si può chiedere alle braccia o alle gambe di faticare per un corpo che esse considerano estraneo.
Finisco con una citazione di un notissimo " politico" italiano che non poco ha contribuito ad accrescere l'evasione delle tasse e , conseguentemente, l'impoverimento di larga parte della popolazione costretta a pagarsi o a rinunciare a servizi pubblici di primaria importanza :  "Credo che la pressione fiscale sia eccessiva e che comporti una sorta di giustificazione morale in chi evade. Essendo il primo contribuente italiano credo di non poter essere accusato di far le lodi di chi evade".

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