"È l'ordine più infame che abbia mai eseguito. Non ci ho dormito, al solo pensiero di quei disgraziati", dice uno degli esecutori del "respingimento". "Dopo aver capito di essere stati riportati in Libia - aggiunge - ci urlavano: "Fratelli aiutateci". Ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli di accompagnarli in Libia e l'abbiamo fatto. Non racconterò ai miei figli quello che ho fatto, me ne vergogno".
Parlano i militari delle motovedette italiane - quella della Guardia di Finanza, la "Gf 106" e quella della Capitaneria di porto, la "Cpp 282" - appena rientrati dalla missione rimpatrio. Sono stati loro a riportare in Libia oltre 200 extracomunitari, tra i quali 40 donne (3 incinte) e 3 bambini, dopo averli soccorsi mercoledì scorso nel Canale di Sicilia. Un "successo", lo ha definito il ministro Maroni, che finanzieri e marinai delle due motovedette non condividono anche se hanno eseguito quegli ordini. Niente nomi naturalmente, i marinai delle due motovedette rischierebbero quanto meno una punizione se non peggio. Ma molti non nascondono il loro sdegno per quello che hanno vissuto e dovuto fare. "Eravamo impegnati in altre operazioni - dicono fiamme gialle e marinai della capitaneria - poi improvvisamente è arrivato l'ordine di andare a soccorrere quelle tre imbarcazioni, di trasbordarli sulle nostre motovedette e di riportarli in Libia".
Non è stato facile, a bordo di quelle carrette del mare c'erano donne incinte, tre bambini e tutti gli altri che avevano tentato di raggiungere Lampedusa. "Molti stavano male, alcuni avevano delle gravi ustioni, le donne incinte erano quelle che ci preoccupavano di più, ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli e li abbiamo eseguiti. Quando li abbiamo presi a bordo dai tre barconi ci hanno ringraziato per averli salvati. In quel momento, sapendo che dovevamo respingerli, il cuore mi è diventato piccolo piccolo. Non potevo dirgli che li stavamo portando di nuovo nell'inferno dal quale erano scappatati a rischio della vita".
A bordo hanno anche pregato Dio ed Allah che li aveva risparmiati dal deserto, dalle torture e dalla difficile navigazione verso Lampedusa. Ma si sbagliavano, Roma aveva deciso che dovevano essere rispediti in Libia. "Nessuno di loro lo aveva capito, ci chiedevano come mai impiegavamo tanto tempo per arrivare a Lampedusa, rispondevamo dicendo bugie, rassicurandoli".
La bugia non è durata molto, poco prima dell'alba qualcuno ha notato che le luci che vedevano da lontano non erano quelle di Lampedusa ma quelle di Tripoli. Alla fine i marinai italiani sono stati costretti a spiegare: "Non è stato facile dire a tutta quella gente che li avevamo riportati da dove erano partiti. Erano stanchi, avevano navigato con i barconi per cinque giorni, senza cibo e senza acqua. Non hanno avuto la forza di ribellarsi, piangevano, le donne si stringevano i loro figli al petto e dai loro occhi uscivano lacrime di disperazione".
Lo sbarco a Tripoli è avvenuto poco dopo le sette del mattino: "Vederli scendere ci ha ferito tantissimo. Ci gridavano: "Fratelli italiani aiutateci, non ci abbandonate"". Li hanno dovuti abbandonare, invece, li hanno lasciati al porto di Tripoli dove c'erano i militari libici che li aspettavano. Sulla banchina c'erano anche i volontari delle organizzazioni umanitarie del Cir e dell'Onu, ma non hanno potuto far nulla, si sono limitati a contare quei disperati che a fatica, scendevano dalla passerelle delle motovedette per tornare nell'inferno dal quale erano scappati. Le donne sono state separate dagli uomini e portati in "centri d'accoglienza" vicino Tripoli. Non si sa che fine faranno. Reportage a cura di Francesco Viviano.
Che Dio ci aiuti!
Parlano i militari delle motovedette italiane - quella della Guardia di Finanza, la "Gf 106" e quella della Capitaneria di porto, la "Cpp 282" - appena rientrati dalla missione rimpatrio. Sono stati loro a riportare in Libia oltre 200 extracomunitari, tra i quali 40 donne (3 incinte) e 3 bambini, dopo averli soccorsi mercoledì scorso nel Canale di Sicilia. Un "successo", lo ha definito il ministro Maroni, che finanzieri e marinai delle due motovedette non condividono anche se hanno eseguito quegli ordini. Niente nomi naturalmente, i marinai delle due motovedette rischierebbero quanto meno una punizione se non peggio. Ma molti non nascondono il loro sdegno per quello che hanno vissuto e dovuto fare. "Eravamo impegnati in altre operazioni - dicono fiamme gialle e marinai della capitaneria - poi improvvisamente è arrivato l'ordine di andare a soccorrere quelle tre imbarcazioni, di trasbordarli sulle nostre motovedette e di riportarli in Libia".
Non è stato facile, a bordo di quelle carrette del mare c'erano donne incinte, tre bambini e tutti gli altri che avevano tentato di raggiungere Lampedusa. "Molti stavano male, alcuni avevano delle gravi ustioni, le donne incinte erano quelle che ci preoccupavano di più, ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli e li abbiamo eseguiti. Quando li abbiamo presi a bordo dai tre barconi ci hanno ringraziato per averli salvati. In quel momento, sapendo che dovevamo respingerli, il cuore mi è diventato piccolo piccolo. Non potevo dirgli che li stavamo portando di nuovo nell'inferno dal quale erano scappatati a rischio della vita".
A bordo hanno anche pregato Dio ed Allah che li aveva risparmiati dal deserto, dalle torture e dalla difficile navigazione verso Lampedusa. Ma si sbagliavano, Roma aveva deciso che dovevano essere rispediti in Libia. "Nessuno di loro lo aveva capito, ci chiedevano come mai impiegavamo tanto tempo per arrivare a Lampedusa, rispondevamo dicendo bugie, rassicurandoli".
La bugia non è durata molto, poco prima dell'alba qualcuno ha notato che le luci che vedevano da lontano non erano quelle di Lampedusa ma quelle di Tripoli. Alla fine i marinai italiani sono stati costretti a spiegare: "Non è stato facile dire a tutta quella gente che li avevamo riportati da dove erano partiti. Erano stanchi, avevano navigato con i barconi per cinque giorni, senza cibo e senza acqua. Non hanno avuto la forza di ribellarsi, piangevano, le donne si stringevano i loro figli al petto e dai loro occhi uscivano lacrime di disperazione".
Lo sbarco a Tripoli è avvenuto poco dopo le sette del mattino: "Vederli scendere ci ha ferito tantissimo. Ci gridavano: "Fratelli italiani aiutateci, non ci abbandonate"". Li hanno dovuti abbandonare, invece, li hanno lasciati al porto di Tripoli dove c'erano i militari libici che li aspettavano. Sulla banchina c'erano anche i volontari delle organizzazioni umanitarie del Cir e dell'Onu, ma non hanno potuto far nulla, si sono limitati a contare quei disperati che a fatica, scendevano dalla passerelle delle motovedette per tornare nell'inferno dal quale erano scappati. Le donne sono state separate dagli uomini e portati in "centri d'accoglienza" vicino Tripoli. Non si sa che fine faranno. Reportage a cura di Francesco Viviano.
Che Dio ci aiuti!
"È l'ordine più infame che abbia mai eseguito. Non ci ho dormito, al solo pensiero di quei disgraziati", dice uno degli esecutori del "respingimento". "Dopo aver capito di essere stati riportati in Libia - aggiunge - ci urlavano: "Fratelli aiutateci". Ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli di accompagnarli in Libia e l'abbiamo fatto. Non racconterò ai miei figli quello che ho fatto, me ne vergogno".
Parlano i militari delle motovedette italiane - quella della Guardia di Finanza, la "Gf 106" e quella della Capitaneria di porto, la "Cpp 282" - appena rientrati dalla missione rimpatrio. Sono stati loro a riportare in Libia oltre 200 extracomunitari, tra i quali 40 donne (3 incinte) e 3 bambini, dopo averli soccorsi mercoledì scorso nel Canale di Sicilia. Un "successo", lo ha definito il ministro Maroni, che finanzieri e marinai delle due motovedette non condividono anche se hanno eseguito quegli ordini. Niente nomi naturalmente, i marinai delle due motovedette rischierebbero quanto meno una punizione se non peggio. Ma molti non nascondono il loro sdegno per quello che hanno vissuto e dovuto fare. "Eravamo impegnati in altre operazioni - dicono fiamme gialle e marinai della capitaneria - poi improvvisamente è arrivato l'ordine di andare a soccorrere quelle tre imbarcazioni, di trasbordarli sulle nostre motovedette e di riportarli in Libia".
Non è stato facile, a bordo di quelle carrette del mare c'erano donne incinte, tre bambini e tutti gli altri che avevano tentato di raggiungere Lampedusa. "Molti stavano male, alcuni avevano delle gravi ustioni, le donne incinte erano quelle che ci preoccupavano di più, ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli e li abbiamo eseguiti. Quando li abbiamo presi a bordo dai tre barconi ci hanno ringraziato per averli salvati. In quel momento, sapendo che dovevamo respingerli, il cuore mi è diventato piccolo piccolo. Non potevo dirgli che li stavamo portando di nuovo nell'inferno dal quale erano scappatati a rischio della vita".
A bordo hanno anche pregato Dio ed Allah che li aveva risparmiati dal deserto, dalle torture e dalla difficile navigazione verso Lampedusa. Ma si sbagliavano, Roma aveva deciso che dovevano essere rispediti in Libia. "Nessuno di loro lo aveva capito, ci chiedevano come mai impiegavamo tanto tempo per arrivare a Lampedusa, rispondevamo dicendo bugie, rassicurandoli".
La bugia non è durata molto, poco prima dell'alba qualcuno ha notato che le luci che vedevano da lontano non erano quelle di Lampedusa ma quelle di Tripoli. Alla fine i marinai italiani sono stati costretti a spiegare: "Non è stato facile dire a tutta quella gente che li avevamo riportati da dove erano partiti. Erano stanchi, avevano navigato con i barconi per cinque giorni, senza cibo e senza acqua. Non hanno avuto la forza di ribellarsi, piangevano, le donne si stringevano i loro figli al petto e dai loro occhi uscivano lacrime di disperazione".
Lo sbarco a Tripoli è avvenuto poco dopo le sette del mattino: "Vederli scendere ci ha ferito tantissimo. Ci gridavano: "Fratelli italiani aiutateci, non ci abbandonate"". Li hanno dovuti abbandonare, invece, li hanno lasciati al porto di Tripoli dove c'erano i militari libici che li aspettavano. Sulla banchina c'erano anche i volontari delle organizzazioni umanitarie del Cir e dell'Onu, ma non hanno potuto far nulla, si sono limitati a contare quei disperati che a fatica, scendevano dalla passerelle delle motovedette per tornare nell'inferno dal quale erano scappati. Le donne sono state separate dagli uomini e portati in "centri d'accoglienza" vicino Tripoli. Non si sa che fine faranno. Reportage a cura di Francesco Viviano.
Che Dio ci aiuti!
Parlano i militari delle motovedette italiane - quella della Guardia di Finanza, la "Gf 106" e quella della Capitaneria di porto, la "Cpp 282" - appena rientrati dalla missione rimpatrio. Sono stati loro a riportare in Libia oltre 200 extracomunitari, tra i quali 40 donne (3 incinte) e 3 bambini, dopo averli soccorsi mercoledì scorso nel Canale di Sicilia. Un "successo", lo ha definito il ministro Maroni, che finanzieri e marinai delle due motovedette non condividono anche se hanno eseguito quegli ordini. Niente nomi naturalmente, i marinai delle due motovedette rischierebbero quanto meno una punizione se non peggio. Ma molti non nascondono il loro sdegno per quello che hanno vissuto e dovuto fare. "Eravamo impegnati in altre operazioni - dicono fiamme gialle e marinai della capitaneria - poi improvvisamente è arrivato l'ordine di andare a soccorrere quelle tre imbarcazioni, di trasbordarli sulle nostre motovedette e di riportarli in Libia".
Non è stato facile, a bordo di quelle carrette del mare c'erano donne incinte, tre bambini e tutti gli altri che avevano tentato di raggiungere Lampedusa. "Molti stavano male, alcuni avevano delle gravi ustioni, le donne incinte erano quelle che ci preoccupavano di più, ma non potevamo fare nulla, gli ordini erano quelli e li abbiamo eseguiti. Quando li abbiamo presi a bordo dai tre barconi ci hanno ringraziato per averli salvati. In quel momento, sapendo che dovevamo respingerli, il cuore mi è diventato piccolo piccolo. Non potevo dirgli che li stavamo portando di nuovo nell'inferno dal quale erano scappatati a rischio della vita".
A bordo hanno anche pregato Dio ed Allah che li aveva risparmiati dal deserto, dalle torture e dalla difficile navigazione verso Lampedusa. Ma si sbagliavano, Roma aveva deciso che dovevano essere rispediti in Libia. "Nessuno di loro lo aveva capito, ci chiedevano come mai impiegavamo tanto tempo per arrivare a Lampedusa, rispondevamo dicendo bugie, rassicurandoli".
La bugia non è durata molto, poco prima dell'alba qualcuno ha notato che le luci che vedevano da lontano non erano quelle di Lampedusa ma quelle di Tripoli. Alla fine i marinai italiani sono stati costretti a spiegare: "Non è stato facile dire a tutta quella gente che li avevamo riportati da dove erano partiti. Erano stanchi, avevano navigato con i barconi per cinque giorni, senza cibo e senza acqua. Non hanno avuto la forza di ribellarsi, piangevano, le donne si stringevano i loro figli al petto e dai loro occhi uscivano lacrime di disperazione".
Lo sbarco a Tripoli è avvenuto poco dopo le sette del mattino: "Vederli scendere ci ha ferito tantissimo. Ci gridavano: "Fratelli italiani aiutateci, non ci abbandonate"". Li hanno dovuti abbandonare, invece, li hanno lasciati al porto di Tripoli dove c'erano i militari libici che li aspettavano. Sulla banchina c'erano anche i volontari delle organizzazioni umanitarie del Cir e dell'Onu, ma non hanno potuto far nulla, si sono limitati a contare quei disperati che a fatica, scendevano dalla passerelle delle motovedette per tornare nell'inferno dal quale erano scappati. Le donne sono state separate dagli uomini e portati in "centri d'accoglienza" vicino Tripoli. Non si sa che fine faranno. Reportage a cura di Francesco Viviano.
Che Dio ci aiuti!
22 Comments:
va be' questa sara' l'opinione di un marinaio ma non penso proprio che tutti la pensino cosi
Finalmente incominciamo a fare qualcosa di buono!
infatti era pure ora che l'italia iniziasse a chiudere le proprie porte agli irregolari come gia' fanno tanti stati governati dalla sinistra vedi ad esempio la spagna socialista di zapatero molto piu' dura dell'italia verso gli stranieri
“Li hanno mandati al massacro. Li uccideranno, uccideranno anche i loro bambini. Gli italiani non devono permettere tutto questo. In Libia ci hanno torturate, picchiate, stuprate, trattate come schiave per mesi. Meglio finire in fondo al mare. Morire nel deserto. Ma in Libia no". Hanno le lacrime agli occhi le donne nigeriane, etiopi, somale, le "fortunate" che sono arrivate a Lampedusa nelle settimane scorse e quelle reduci dal mercantile turco Pinar. Hanno saputo che oltre 200 disgraziati come loro sono stati raccolti in mare dalle motovedette italiane e rispediti "nell'inferno libico", dove sono sbarcati ieri mattina. Tra di loro anche 41 donne. Alcuni hanno gravi ustioni, altri sintomi di disidratazione. Ma la malattia più grave, è quella di essere stati riportati in Libia. Da dove "erano fuggite dopo essere state violentati e torturati. Non solo le donne, ma anche gli uomini".
I visi di chi invece si è salvato, ed è a Lampedusa raccontano una tragedia universale. La raccontano le ferite che hanno sul corpo, le tracce sigarette spente sulle braccia o sulla faccia dai trafficanti di essere umani. Storie terribili che non dimenticheranno mai. Come quella che racconta Florence, nigeriana, arrivata a Lampedusa qualche mese fa con una bambina di pochissimi giorni. L'ha battezzata nella chiesa di Lampedusa e l'ha chiamata "Sharon", ma quel giorno i suoi occhi, nerissimi, e splendenti come due cocci di ossidiana, erano tristi. Quella bambina non aveva un padre e non l'avrà mai.
"Mi hanno violentata ripetutamente in tre o quattro, anche se ero sfinita e gridavo pietà loro continuavano e sono rimasta incinta. Non so chi sia il padre di Sharon, voglio soltanto dimenticare e chiedo a Dio di farla vivere in pace". Accanto a Florence, c'è una ragazza somala. Anche lei ha subito le pene dell'inferno. "Quando ho lasciato il mio villaggio ho impiegato quattro mesi per arrivare al confine libico, e lì ci hanno vendute ai trafficanti e ai poliziotti libici. Ci hanno messo dentro dei container, la sera venivano a prenderci, una ad una e ci violentavano. Non potevamo fare nulla, soltanto pregare perché quell'incubo finisse". Raccontano il loro peregrinare nel deserto in balia di poliziotti e trafficanti. "Ci chiedevano sempre denaro, ma non avevamo più nulla. Ma loro continuavano, ci tenevano legate per giorni e giorni, sperando di ottenere altro denaro".
Il racconto s'interrompe spesso, le donne piangono ricordando quei giorni, quei mesi, dentro i capannoni nel deserto. Vicino alle spiagge nella speranza che un giorno o l'altro potessero partire. E ricordano un loro cugino, un ragazzo di 17 anni, che è diventato matto per le sevizie che ha subito e per i colpi di bastone che i poliziotti libici gli avevano sferrato sulla testa. "È ancora lì, in Libia, è diventato pazzo. Lo trattano come uno schiavo, gli fanno fare i lavori più umilianti. Gira per le strade come un fantasma. La sua colpa era quella di essere nero, di chiamarsi Abramo e di essere "israelita". Lo hanno picchiato a sangue sulla testa, lo hanno anche stuprato. Quel ragazzo non ha più vita, gli hanno tolto anche l'anima. Preghiamo per lui. Non perché viva, ma perché muoia presto, perché, finalmente, possa trovare la pace".
"Finalmente, dice qualcuno, cominciamo a fare qualcosa di buono": ma la notte riuscite a dormire?
E questo sarebbe un paese civile? Talvolta mi vergogno di essere italiano!!
Il diritto europeo e quello internazionale prevedono tassativamente la non applicazione del respingimento nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari; la convenzione europea sui diritti umani vieta "la tortura, il trattamento disumano e degradante" e la Corte di Strasburgo per i diritti umani applica questo divieto anche nei contesti di respingimento ed espulsione.
Si tutta la solidarietà possibile! ma è un fatto di numeri come fate a non volerlo capire, quanti altri ne potremmo ospitare? Possiamo farci carico di tutti i disagi dei paesi extracomunitar? abbiamo strutture e fondi e organizzazione per poter ricevere senza fine centinaia di migliaia di persone all'anno? non credo, arriveremo ad un punto di collasso, e ci siamo già vicini. Questa decisione se pur potrà sembrare egoistica è necessaria!
Sono daccoedo con il governo avanti cosi.
Io figlio di emigrato, mi sono commosso nel leggere quel che successo.
Datemi una risposta. Ma in che razza di paese vivo io oggi.
Signore, perdona loro che non sanno quel che fanno.
Plinio il Giovane
Centinaia di migliaia?
Ma perchè non vi documentate?
In Germania il numero degli immigrati è circa il triplo di quelli che si trovano in Italia.
Il vero problema è che questo governo vuol fare il forte con i deboli ed il debole con i forti!
A Roma com'è attualmente la situazione in tema di sicurezza?
Alemanno ci ha vinto le elezioni grazie alle paure opportunamente amplificate dei cittadini.
Attenzione: oggi si comincia con il respingimento degli immigrati, domani si riserveranno i posti nelle metropolitani, dopodomani toccherà a noi non avere più il diritto di andare al nord...
Attenti non confondete l'emigrazione Italiana con quella che c'è adesso. Innanzitutto gli Italiani venivano chiamati all'estero dopo aver fatto regolare domanda di emigrazione e e di lavoro e non come abusivi. Mio zio che emigrò in Belgio negli anni 50, fu chiamato su sua richiesta, in primis alla frontiera gli fu fatto un controllo tipo bestiame e quelli che risultarono malati o che avevano avuto problemi con la giustizia furono rispediti indietro.
Poi furono portati in baracche dove vivevano nel più grosso disagio, infine posso dirti che non andò a bighellonare o a rubare o a spacciare droga, mio zio andò in miniera!!!!!!!! poi si guadagnò i galloni per andare in fabbrica.
Come vedi non è la stessa cosa.
Viva l'azione del governo avanti così.
"alla frontiera gli fu fatto un controllo tipo bestiame e quelli che risultarono malati o che avevano avuto problemi con la giustizia furono rispediti indietro.
Poi furono portati in baracche dove vivevano nel più grosso disagio" come vedi non c'è molta differenza!!
In Italia la richiesta a chi va fatta?
Il fatto che alcuni immigrati siano delinquenti o si comportino in tal modo non autorizza nessuno a considerarli tutti così.
E poi in Italia come ci regoliamo ( o meglio ci dovremmo regolare) con i delinquenti? Li sbattiamo in carcere! facciamo la stessa cosa con gli immigrati che delinquono!
Ma ci pensate se su quelle barche ci sono persone dico PERSONE che in nome di un ideale che noi condividiamo, quale la libertà, l'autodeterminazione, il diritto alla salute o ad una vita dignitosa od ancora ad uno dei diritti fondamentali dell'individuo, sono state costrette, a caro prezzo, a fuggire dal loropaese governato, quello si, da delinquenti corrotti, noi li riamndiamo a farsi massacrare, senza aver avuto neanche la possibilità di chiedere asilo?
Chi, dico chi, accetta a cuor leggero di lasciare il proprio paese se non spinto da un esigenza insopprimibile?
E poi finiamola di paragonare questo esodo biblico di persone disperate con l'emigrazione di italiani in altri apesi civilizzati.
P.S. Vorrei sapere da qualcuno di voi se era giusto che nostri connazionali emigranti venissero trattati come delle bestie e, nel caso, quale passo delle sacre scritture, se siete cristani cattolici, dice che dobbiamo rendere, magari con gli interessi, il male che è stato fatto ai nostri genitori!!!
Per l'utimo commento. E va bene hai fatto la critica, io non ho detto che era giusto trattarli così, comunque non condivido tali comportamenti. In tutto ciò hai dimenticato di riflettere sulla cosa più importante, gli Italiani entravano "REGOLARMENTE" che era la cosa che volevo porre all'attenzione di chi legge.
E' vero. E' l'ordine più infame che il nostro governo ha dato. Non c'è niente da vantarsi a mostrare i muscoli con le persone inermi. L'Italia che si vanta di avere una popolazione che al 98 per cento si professa di religione cattolica si dovrebbe vergognare! Bene avanti così
Sammartino Documenta
E' un problema grandissimo,queste persone hanno bisogno di tanta solidarieta',di amore,ma soprattutto di riacquistare rispetto per se stessi e per gli altri.Hanno il diritto di poter vivere una vita degna di essere vissuta!
Essere violentate e stuprate ripetutamente,giorno dopo giorno,maltrattati,seviziati e torturati ti fa svegliare ogni giorno ed addormentare la sera con un unico scopo,quello di desiderare di morire al piu' presto.
Questa non e' vita,e' un incubo,che nessuno di noi augura a se stesso e ai propri familiari.
Pur vero e' che certamente l'Italia fino a quando ma soprattutto quanti ancora potra' ospitarne?
Allora perche' gli Stati non si coalizzano per far cessare tutti questi soprusi affinche' tutti i popoli possano vivere nei loro paesi d'origine,con i loro usi e costumi,senza per forza fuggire in altri posti,alla ricerca della pace,inseguendo un miraggio di felicita' e serenita',e,dove spesso si trovano a vivere situazioni difficili e sfruttamento ?
Parlo di prostituzione,discriminazione,lavori al nero,dormire se sono fortunati sotto i ponti,senza servizi igienici, ect.
Penso che per risolvere ogni problema ci debba essere un equilibrio,ponderando le decisioni senza mai eccedere in estremismi radicali,non si puo' certamente vivere nell'indifferenza sapendo che ci sono tante persone che soffrono mentre noi insensibili,li stiamo a guardare!!
Siamo un popolo di cattolici il Signore ci ha insegnato a sacrificarci per i nostri fratelli,e ha detto:
"Quello che farete ad uno solo di essi lo avrete fatto a me!"
questo nel bene e nel male,percio' meditate prima di dire cose di cui un giorno potreste pentirvi!
Ipocriti, quando va bene a voi possiamo sbandierare il fatto di essere una nazione Cattolica per cui comportarci in un certo modo, poi per altro quando non vi va bene contestate il Cattolicesimo facendo togliere i crocifissi dalle scuole ed altro.
Solidale con il governo avanti così.
Sono convintissima che questo ultimo post non sia riferito a me,pero' caro anonimo la cosa che non condivido e' che la sensibilita',la solidarieta',l'amore,il rispetto ect,sono sentimenti insiti naturalmente in ognuno di noi che possono andare oltre a quelle che sono le credenze religiose. Se alcune persone soggettivamente ne sono prive fa parte del loro egoismo piu' profondo, che viene palesato dall'indifferenza e dall'insensibilita' che dimostrano per le pene e le sofferenze altrui!
Che poi.........qualcuno prende subito la palla al balzo per attaccare i cattolici,questo e' un altro discorso,tanto dopo un po' una persona,anche con un minimo d'intelligenza,impara da che pulpito viene la predica!!
La storia si ripete.
Chi non si ricorda di quel filmato, se non erro, dell'istituto Luce.
Migliaia di tedeschi gioivano nel salutare Hitler.
Oggi salutano così il Primo ministro, di questa disgraziata nazione.
Ci stiamo avviando verso una pericolosa deriva..
Che abbiamo fatto di male per meritarci tutto questo?.
Plinio Il Giovane
Complimenti! Plinio il giovane ragiona come il nonno, Plinio il Vecchissimo...
Egregio Plinio il Vecchissimo,non avviarti in conclusioni lampanti.
Il tempo,ricorda, è depositario della storia e della verità.
Staremo a vedere. Io torno a ribadire che ci stiamo avviando in quella direzione, per far gioire la Lega Nord.
Tu dici che non'è cosi?
Vedremo, ti ripeto, il tempo darà quella verità che tu non vorresti.
Plinio il Giovane
Forza Governo vai avanti così che incominci a fare qualcosa di buono!
"Respingere l'immigrato clandestino non viola il diritto internazionale, ma abbiamo il dovere di verificare se tra coloro che vengono respinti c'è chi ha diritto di chiedere l'asilo". Attacca la linea dura del governo il presidente della Camera Gianfranco Fini, in visita ufficiale in Algeria. "Un conto - puntualizza Fini - è l'immigrato clandestino, mentre un altro conto è chi gode della possibilità di chiedere asilo. Si tratta di due posizioni che non possono essere trattate allo stesso modo. Respingere l'immigrato che vuole entrare clandestinamente - spiega il presidente della Camera - non viola il diritto internazionale. E' il diritto internazionale che lo prevede, ma è giusto che venga verificata la sussistenza dei requisiti per chiedere l'asilo prima di riaccompagnare il clandestino al paese da cui proviene".
Fini quando doveva parlare per non far abolire lo stato sociale da Berlusconi è stato zitto, ora invece che dovrebbe stare zitto parla! Mhà.
Io non ci capisco più nulla.
Alt. qualcuno ha usato il mio nik. Sull'immigrazione la mia posizione è molto chiara. Mostrare i muscoli è fare solo propaganda. Comunque non servirà a combattere il fenomeno. L'ordine dato dal governo italiano per il respingimento di 200 extracomunitari è il più infame che la Marina ha dovuto eseguire. Ci stiamo proprio avviando verso una pericolosa deriva..
Plinio il Vecchissimo
Avanti così bene il governo! Non indietreggiare.
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